Oscar e la dama in rosa, di Éric-Emmanuel Schmitt
“Ho l’impressione, Nonna Rosa, che abbiano inventato un ospedale diverso da quello che esiste veramente. Fanno come se si venisse all’ospedale solo per guarire. Mentre ci si viene anche per morire.”
“Hai ragione, Oscar. E credo che si commetta lo stesso errore per la vita. Dimentichiamo che la vita è fragile, friabile, effimera. Facciamo tutti finta di essere immortali.”
“È fallita la mia operazione, Nonna Rosa?”
Nonna Rosa non ha risposto. Era il suo modo di dire di sì. Quando è stata sicura che avevo capito, si è avvicinata e mi ha chiesto, in tono supplichevole: “Non ti ho detto nulla, naturalmente. Me lo giuri?”
“Giuro.”
Abbiamo taciuto un momentino per riflettere un po’.
“E se scrivessi a Dio, Oscar?”
Oscar.
Dieci anni.
Affetto da leucemia in fase terminale.
Operazione medico-chirurgica: fallita.
Il destino di Oscar, protagonista dell’opera di Éric-Emmanuel Schmitt, Oscar e la dama in rosa (edizioni e/o), potrebbe essere compreso in queste brevi nozioni di base. La sua vita è ormai spacciata: specialisti, personale medico e genitori hanno rinunciato a lottare innanzi all’inevitabile decorso della malattia. Ma ciò che i grandi non riescono più a vedere è quel mondo fatto di emozioni, angosce, paure e dubbi che si cela dietro il volto del piccolo paziente. Solo un’anziana, enigmatica e a tratti evanescente volontaria, Nonna Rosa, saprà infondere coraggio e indicare a Oscar la strada per affrontare i suoi ultimi giorni.
Oscar è un tipetto sveglio, con un’intelligenza più matura dei bambini della sua età, e sa che la vita lo ha privato del futuro. E allora perché scrivere a Dio, perché farlo se poi magari Dio non esiste, se altro non è che un collega di Babbo Natale? Solo Nonna Rosa sa come procedere, innanzi al dubbio su Dio e alla certezza di un domani negato: una lettera al giorno, per dieci giorni, e per ogni giorno comportarsi come se passasse un decennio, con amori, lotte, fallimenti, soddisfazioni.
Un’opera delicata, struggente, lontana dal patetismo che induce alla lacrima facile. Fa sentire il lettore piccolo e disperso innanzi al coraggio di un protagonista lucido, intenso, completamente razionale. Un libro che rammenta quanto la vita sia fugace e quanto la lotta dinnanzi all’inevitabile a volte sia più faticosa e dolorosa del vivere ciò di cui ancora si può gioire, nel mentre.
La Vita è uno strano Regalo. All’inizio lo si sopravvaluta, questo regalo: si crede di avere ricevuto la vita eterna. Dopo lo si sottovaluta: lo si trova scadente, troppo corto, si sarebbe quasi pronti a gettarlo. Infine ci si rende conto che non era un regalo ma solo un Prestito.
Allora, si cerca di Meritarlo.