Raccontami dei fiori di gelso, di Aline Ohanesian
Una storia per raccontare la tragica sorte di centinaia di migliaia di armeni. Il ricordo di una donna che diventa il ricordo di più di un milione di persone, deportate e uccise durante il genocidio pianificato dal sultano ottomano alle soglie della Prima guerra mondiale.
Raccontami dei fiori di gelso (Garzanti) è il tributo che Aline Ohanesian offre alla memoria di questo popolo. Scrittrice all’esordio, anche lei trova le sue origini nel popolo armeno.
Il filo rosso della storia è il ricordo. Quello di Seda, ora anziana donna che vive negli Stati Uniti, in un ricovero popolato di testimoni del massacro armeno come lei, e che fa di tutto per dimenticare. Seda ha sotterrato la memoria – e con lei la sofferenza – sotto una spessa corazza, impenetrabile persino per l’adorata nipote, che rappresenta tutto ciò che è rimasto della sua famiglia.
Ma un giorno, al ricovero, si presenta un giovane turco di nome Orhan che dice di essere alla ricerca di risposte. Suo nonno Kemal è appena morto e ha lasciato la casa di famiglia proprio a Seda. La famiglia turca non capisce perché la propria casa debba finire nelle mani di una sconosciuta, e Orhan è arrivato negli Stati Uniti per conoscere Seda e scoprire il motivo del lascito del nonno.
Orhan riesce a vincere la reticenza di Seda e a farsi raccontare tutta la storia: la storia di una famiglia di cristiani armeni, rispettata e con una buona posizione sociale, quella di un giovane Kemal, musulmano, innamorato della figlia del suo datore di lavoro, e quella di Seda, che a poco a poco scopre di ricambiare questo amore sbocciato all’ombra di un gelso in fiore.
Ma l’idillio si interrompe troppo presto. È il 1915 e il genocidio armeno ha inizio: la famiglia di Seda viene espropriata dei suoi beni e costretta a intraprendere una marcia della morte, una deportazione che costringerà la giovanissima Seda ad assistere impotente al perpetrarsi di una violenza senza senso contro il suo popolo e la sua famiglia. Il suo coraggio sarà la sola arma che le permetterà di sottrarsi alla morte, ma non basterà a cancellare le cicatrici che il dolore ha inflitto alla sua anima. La sua vita è destinata ad incrociarsi di nuovo con quella di Kemal, ma in un modo che lascia al lettore un sapore dolceamaro.
Questa è una storia che va letta perché sia possibile coglierne tutte le sfaccettature. Nell’insieme delicata, cruda quando serve, rispettosa del dolore di un popolo che ha subito un’ingiustizia spesso dimenticata: è questa la scrittura di Aline Ohanesian. Il libro alterna il racconto del passato alle azioni dei personaggi nel presente, lasciando il giusto tempo per assimilare il racconto di una tragedia che merita di essere ponderata.
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