Recensione: Il grido del falco, di Renata Bovara
Prossimo futuro. Una strana epidemia colpisce il mondo. La città di New York è devastata e invasa da fumo, cenere e odore di corpi che bruciano. Le strade sono vuote, si vedono in giro solo i militari. Chi non è stato contagiato, o è sopravvissuto alla nuova peste, deve restare in casa e segnare la porta d’ingresso con una X per ricevere i medicinali.
In questo contesto catastrofico si sviluppa la storia di Cora, rimasta nel suo appartamento in attesa del suo amante, Theo, un ricco uomo sposato, che però non si è fatto più vedere da quando è iniziato tutto. Così ripensa alla sua vita e ripercorre le tappe del suo amore per cercare una spiegazione plausibile a quello che è accaduto. Per Cora lui è “l’uomo sbagliato al momento giusto”. La necessità di capire e di cercare le ragioni per cui è stata abbandonata senza una parola spinge Cora a lasciare la sua casa, nonostante il divieto imposto dalle autorità, e a vagare per la città.
Cora riesce a pensare solo a lui, che nell’assenza diventa una presenza insistente, quasi ingombrante, un pensiero ossessivo onnipresente. Torna quindi sui luoghi frequentati con il suo amante. La città è cambiata: è diventata il fantasma di quel che era. Intorno vede solo desolazione, morte e silenzio. La New York di prima pullulava di vita ed era piena di gente particolare e strana: la hippie quarantenne, il vecchio gay, la signora inglese snob.
Prima il rumore, ora il silenzio. Nonostante ciò, Cora ha un unico pensiero: dove è finito il suo amante?
L’esplorazione del “nuovo mondo” coincide con lo scavare dentro sé stessa alla ricerca della sua identità più profonda, che ha smarrito nel momento in cui Theo è entrato nella sua vita. Questo viaggio nell’inferno urbano è anche un viaggio alla ricerca della verità, una verità celata dentro di lei, ma rifiutata con una sorta di ostinazione. Un falco la segue nel suo cammino e la guida come fosse la voce del suo io profondo che le indica la strada.
Il Grido del Falco di Renata Bovara (Elison Publishing) è la storia di tutte quelle donne-amanti che credono che il loro amore sia unico e irripetibile e pensano che per loro le cose andranno diversamente. Amore come passione e tormento, come ossessione, amore malato. È una storia sull’illusione di una donna che perde la sua essenza dentro l’amore per l’altro; perde il suo punto di riferimento interno per spostarlo all’esterno, diventando un essere senza volontà in balia dell’uomo che ama. Potrà la catastrofe aiutarla ad aprire gli occhi e a confrontarsi con quella verità che fa male? Alla fine sarà pronta ad imparare la lezione che l’aspetta?
L’universo narrativo che viene presentato è diviso in due: prima e dopo la fine del mondo, prima e dopo la storia d’amore di Cora. Questo senso di dualità è presente durante tutta la narrazione, sia a livello linguistico che semantico, e caratterizza la stessa protagonista, che non riesce a trovare il punto di contatto e di comunione tra gli opposti.
Fin dall’inizio il lettore viene catturato tra le maglie del tessuto narrativo e il ritmo diventa sempre più incalzante e coinvolgente, al punto tale che diventa difficile abbandonare la lettura.