Recensione: L’organista romantico, di August Strindberg
Il breve romanzo “L’organista Romantico”, romanzo del 1888 dello svedese August Strindberg, si svolge nella Svezia dell’800 tra le città di Trosa, Stoccolma e Räno.
Negli anni ’50 Alrik Lundstedt, musicista sognatore, abbandona la piccola città di Trosa per salpare per l’avventura della sua vita, andare a Stoccolma ed entrare al Conservatorio della capitale per diventare un importante musicista. Per il giovane Alrik realtà e fantasia sono un tutt’uno; egli vede nei luoghi paesaggi immaginari, ma estremamente vividi: ogni elemento della natura richiama qualcos’altro, e tutto è energia e musica. La natura e la musica come due facce della stessa medaglia, entrambe rimandano a quel campo di battaglia che è la vita. La musica è il perno di tutto, tutto ruota attorno alla musica.
A Stoccolma sente una nuova vita, un nuovo entusiasmo andargli incontro; l’atmosfera aperta, la stima del Professore al Conservatorio, le amicizie, gli danno fiducia in se stesso, e portano la sua immaginazione e le sue ambizioni a livelli altissimi.
Dopo il diploma al Conservatorio e il trasferimento nel piccolo villaggio di Räno, dove diventa organista della piccola chiesa, la sua immaginazione continua a correre, e un’esistenza che ad altri potrebbe sembrare misera e banale a lui sembra piena di luce e gioia, nella sua abitudine di ricoprire ogni cosa con un manto di magia, di imprevedibilità.
Un incontro cambierà però la sua prospettiva, e lo porterà ad interrogarsi sul suo passato, un passato che avrebbe voluto sotterrare, con l’aiuto della sua immaginazione e della musica.
È davvero così tranquilla la sua esistenza? È davvero così felice?
Il bisogno primordiale della musica e dell’arte è un bisogno di evasione dalla realtà, dalla propria umana solitudine, dalla sofferenza.
Strindberg ci mostra un personaggio più complesso di quello che potrebbe sembrare, che vorrebbe vivere felice, senza pensieri, seppellendo i propri demoni, ma che scopre che la felicità passa anche attraverso l’accettazione del passato, di tutto quello che egli è, e il perdono di se stessi e dei propri errori, e da qui soltanto, da qui parte la vera felicità e la vera avventura della vita.
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