Recensione: Un leone a Parigi, di Beatrice Alemagna
Siamo già a maggio, lo so, eppure c’è ancora questa atmosfera di fiera del libro, dell’illustrazione, di arte. Aleggia nell’aria, ne sento continuamente il profumo. Poi, ammettiamolo, ci vuole tempo per riprendersi dal salone dell’illustrazione di Bologna. Noi aspiranti illustratori ne sappiamo qualcosa.
Come spesso accade sono tornata a casa carica di libri. Sentivo l’irrefrenabile bisogno di osservare, sfogliare, annusare, riempire i miei polmoni di aria nuova, pulita, colmare la mia irrefrenabile sete di sapere. Davanti ai miei occhi immagini sempre diverse, nuove, innovative, evocative. Immagini che funzionano, poetiche. Immagini che raccontano, ti catturano, ti trascinano all’interno della storia.
Beatrice Alemagna. Lei possiede tutte le qualità sopraelencate. Incarna perfettamente ciò che rappresenta oggigiorno il mestiere dell’illustratore. Su di Lei, e solo Lei, mi sono soffermata a Bologna.
Quotatissima, illustr-autrice, come spesso viene chiamata, pubblicata in tutto il mondo, tradotta in tutte le lingue. Tutti la cercano, tutti la vogliono. Ma cerchiamo di capire perché.
Tengo un libro tra le mani. Non è capitato qui per caso, lo ammetto: l’ho cercato, l’ho bramato, l’ho voluto. E infine l’ho comprato. Non si tratta dell’ultimo capolavoro “I cinque malfatti”, presentato per l’appunto al salone di Bologna di quest’anno, ma di “Un leone a Parigi”, edito in Italia nel 2009 dalla Donzelli editore.
Il libro ha un formato gigantesco. Io stessa per prenderlo dalla libreria sono costretta a tenermelo stretto stretto al petto, quasi abbracciandolo. Un’altra particolarità che contribuisce a renderlo speciale è la volontà dell’autrice di scardinare la classica lettura di stampo occidentale, da sinistra a destra, preferendo una più ampia apertura dall’alto al basso. In questo modo, per leggerlo, si è costretti a poggiarlo su un tavolo, o meglio posarlo a terra, stendendovisi accanto. La posizione in cui ci si trova, la condizione di rilassamento che si decide di assumere, prima di approcciarsi alla lettura, è di fondamentale importanza. E questo Beatrice Alemagna lo sa bene.
In copertina un leone gigante si specchia sulle rive della Senna. L’acqua gli sorride, il sole gli illumina il muso. È contento, felice, in pace con se stesso.
La storia narra di un mutamento, una trasformazione, una passaggio inevitabile. Il leone si ritrova improvvisamente catapultato in una grande città sconosciuta. Grande, enorme ai suoi occhi, piena zeppa di gente che sfreccia veloce per le vie, sostenendo i ritmi di una vita stressante e frenetica, vissuta di corsa, senza pensare, senza osservare chi ci si trova accanto, senza mai fermarsi. Senza farsi domande. Senza osservare il mondo. Abituato alla pace e alla noiosa tranquillità della savana, dalla quale ha desiderato per molto tempo di evadere, il leone è spaesato, solo, stanco. Questa frenesia lo affatica terribilmente, si sente isolato, invisibile. Nella metropoli francese nessuno lo degna di uno sguardo, nessuno si ferma a guardare lo straniero, nessuno si spaventa dalla sua enorme stazza. Nessuno lo considera. Nessuno gli parla.
La pioggia cade silenziosa, nell’eterna città parigina. Scivola lesta sui tetti delle case, elegante ma decisa, come un ballerina di tip tap che picchietta il suolo con il piede, scandendo il ritmo. E il leone si riflette in quello strano fenomeno naturale, intento a soffocare una feroce guerra interiore, che vede come protagonisti del duello mille emozioni contrastanti. Vorrebbe ruggire di rabbia, disperazione, esasperazione. Vorrebbe correre via, più veloce che può, lontano. E invece si ritrova in un mondo grigio, debole, con le gambe molli. Impossibile scappare. Si immedesima nella pioggia, la sente cadergli addosso, accetta quella sostanza umida che gli bagna il caldo manto leonino. E preferirebbe sparire con lei nell’oscurità di un tombino.
L’autrice tratta il tema della diversità, della solitudine, dell’abbandono. Parla di sentimenti importanti, di cambiamenti, di accettazione dell’altro, di bellezza. Una bellezza interiore, profonda, che deriva dalla consapevolezza di aver trovato se stessi, dopo essersi a lungo cercati. Un posto nel mondo. Una ragione di esistere.
Il leone protagonista della storia trova il suo posto su un piedistallo, al centro di una grande piazza. Provando un’estrema sensazione di felicità ci balza sopra, allinea le due zampe, e manifesta la sua contentezza con un potente ruggito. Saluta il mondo al di sotto. Saluta Parigi, quella città sconosciuta, divenuta improvvisamente sua.
Attraverso immagini semplici, evocative, poetiche, Beatrice Alemagna tratta temi sociali di estrema modernità, parlando un linguaggio contemporaneo, preferendo la forza evocativa di illustrazioni semplici, di forte impatto visivo. Immagini che catturano, che trascinano il lettore, rendendolo parte attiva della storia stessa. Noi non siamo spettatori, ma attori partecipanti.
Attraverso una lunga ricerca di stile, l’illustratrice ha raggiunto una sintesi compositiva mirabile, riuscendo ad arrivare a parlare il linguaggio dei bambini, raggiungendo quella bellezza infantile, priva di ogni canone, pregiudizio o regola. Scorrono dinnanzi ai nostri occhi adulti immagini genuine, pure ed innocenti, come solo il mondo infantile sa essere.
Non esiste prospettiva, non vi è distinzione tra bello e brutto. Beatrice Alemagna racconta la sua storia, trasportandoti nel breve tempo della narrazione in una nuova dimensione.
E leggendo i suoi libri torniamo un po’ tutti in quel magico mondo della nostra infanzia.
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