L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, di Oliver Sacks
L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello è un saggio di Oliver Sacks del 1985, edito in Italia da Adelphi con traduzione di Clara Morena. È una raccolta di esperienze cliniche, tutte di stampo neurologico, che il Dottor Sacks, specialista ormai conosciuto in tutto il mondo, ha saputo descrivere e raccontare mettendo a servizio della sua scrittura la propria meraviglia e umanità.
Ancor prima della prefazione è presente una citazione a firma William Osler che racchiude per intero il senso di questo libro: “Parlare delle malattie è un intrattenimento da Mille e una notte“.
Sacks ha saputo infatti raccontare i propri pazienti facendo sì che le loro vicende personali rapiscano il lettore e lo accompagnino fino al fondo della loro storia: una storia umana, profonda, dove la malattia mentale è compagna di vita e fa da figura e sfondo all’esistenza dell’individuo, portando chi legge dalla superficie fino al lato più umano e “normale” della persona. L’abilità di Sacks è proprio questa: descrivere i suoi pazienti, essere medico, professionale e competente, senza tralasciare il lato intimo di chi gli è di fronte e restituendo all’individuo quell’etichetta primaria che ridà dignità e senso alla vita: quella di essere umano.
Le storie sono 24, tutte intense e capaci di portare chi legge a pensare, a sorridere, a riflettere sulla malattia e sul senso che questa ha nel nostro vivere comune. Spesso quando si parla di schizofrenia, di allucinazioni, di sindrome di Tourette o ancora di agnosia (disturbo legato alla percezione che non permette di riconoscere oggetti, persone, odori, forme e suoni anche se già noti), si tende a far sì che la patologia sostituisca la persona, trasformandola soltanto nella figura di un paziente che umanamente non sembra più aver nulla da dare. Il libro a suo modo contribuisce invece a restituire dignità: il malato diventa dunque una persona viva e vitale, dotata di sentimenti, gioie e sofferenze come chiunque altro. Sacks ha fatto da apripista, con “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, al rilancio della cosiddetta “medicina narrativa”, così come conferma anche la prefazione del libro.
Il testo è suddiviso in quattro parti, ognuna delle quali racchiude in sé i racconti di diverse storie accomunate dalla natura del disturbo che ha generato la malattia: “Perdite”, “Eccessi”, “Trasporti” e ” Il mondo dei semplici”. La prima storia è quella del dottor P., quell’uomo che, per via dei disturbi di cui soffriva, si ritrovò a scambiare sua moglie per un cappello. Musicista di professione, il dottor P. non riusciva a dare un significato congruo a ciò che vedeva con gli occhi. La sua malattia, in sostanza, lo portava a confondere oggetti e persone viventi, tant’è che, al termine di una visita con Sacks, afferrò la testa di sua moglie scambiandola per il proprio cappello. Sacks riporta il lato umano e quasi comico e surreale del fatto: inconsapevole del suo difetto, il dottor P. continuerà a condurre una vita normale, a portare avanti la sua quotidianità intervallando gesti comuni ad abbagli dovuti al suo disturbo, la prosopagnosia.
L’utilizzo dei termini medici e tecnici da parte dell’autore non appesantisce il testo che rimane, di storia in storia, leggero, scorrevole e ben scritto. L’alternanza tra spiegazioni legate al mondo della medicina e prosa rende questo saggio accessibile anche a chi non ha competenze in fatto di neurologia.
Notevole il capitolo “Mani”, che racconta la storia di Madeleine, paziente cieca dalla nascita, che non sa utilizzare le proprie. Le eccessive cure che hanno caratterizzato il suo passato hanno fatto sì che questa donna non fosse in grado di sviluppare quella sensibilità tattile che solitamente permette ai non vedenti di sfruttare proprio le mani per scoprire il mondo che li circonda. La donna le considerava “due cosi flaccidi e inutili”, e per Sacks sarà facile risolvere il caso: le toglierà tutte quelle attenzioni che hanno condizionato la sua percezione di sé fino a costringerla dolcemente a recuperare. Costretta a mangiare da sola, senza nessuno che la imbocchi, Madeleine riuscirà, nonostante i suoi 60 anni, a recuperare la propria autonomia.
O ancora la storia di “Ray dei mille tic”, ragazzo di 24 anni, batterista jazz, colpito dalla sindrome di Tourette che, tra i movimenti incontrollati del proprio corpo e l’impossibilità di trattenere esternazioni spesso volgari, aveva quasi distrutto il suo matrimonio e si trovava nell’impossibilità di condurre una vita lontanamente normale. Le cure di Sacks miglioreranno notevolmente le condizioni del ragazzo che, tuttavia, con l’alleviamento della malattia sentirà di aver perso una parte importante di sé, quella pungente e ironica, spontanea e diretta. Da qui la decisione, in accordo con il medico, di adottare una soluzione part-time:
“… Non aveva più tic, non gli veniva più l’impulso di colpire la batteria, ma nemmeno conosceva più le ondate di sfrenata creatività. Ray ne discusse con me e prese un’importante decisione: avrebbe fatto «diligente» uso di aloperidolo durante la settimana lavorativa, ma nel fine settimana avrebbe interrotto l’assunzione e si sarebbe «sfogato». E così fa da tre anni. Adesso ci sono due Ray, quello che prende l’aloperidolo e quello che non lo prende. Da lunedì a venerdì c’è il sobrio cittadino, l’uomo calmo e ponderato; il sabato e la domenica c’è il «Ray dei mille tic», frivolo, frenetico, ispirato.”
Tutte storie dal sapore fantastico, quelle di Sacks, ma ben ancorate nei drammi reali di chi soffre. Il libro è quindi godibile e in grado di accontentare sia i lettori di romanzi che gli appassionati di casi clinici. A testimonianza della sua portata ci sono le innumerevoli ristampe e le traduzioni in molte lingue.