Sottomissione, di Michel Houellebecq
2022. La Francia è nel vortice delle elezioni presidenziali dopo un decennio disastroso di Hollande, rieletto nel 2017 solamente al fine di sbarrare la strada a Marine Le Pen; de-merkelizzata esteticamente a seguito dell’ultima sconfitta, la figlia d’arte si presenta contro una nuova forza politica, la Fratellanza Musulmana, che scardina gli equilibri dei grandi partiti di centro-destra e sinistra “costretti”, al secondo turno, a coalizzarsi contro il Fronte Nazionale della Le Pen per potere ambire a un ruolo politico anche solo marginale. Come nel 2017, la strada della candidata di estrema destra verso la presidenza è nuovamente bloccata: l’islamista moderato Mohammed Ben Abbes viene scelto entusiasticamente dal popolo, a tutto sfavore della popolazione ebraica.
È in questo scenario che si ritrova a vivere François, docente nichilista sulla quarantina di ruolo alla Sorbonne Nouvelle, risvegliato dal suo mondo filologico da alcuni scontri a Place de Clichy. Decadente, romantico (nel senso più angosciante del termine), disilluso dall’amore – si trascina anno per anno in storie con giovani studentesse e successivamente in incontri sessuali con escort islamiche, solitario e monomaniacale come il suo unico oggetto di studio, Huysmans, del quale sembra ripercorrere la vita visitando i luoghi di culto cattolico francesi che da ateo sembrano portarlo a un’illuminazione religiosa, come accadde allo scrittore tardo ottocentesco. Una conversione, però, che diventa spiazzante al termine del romanzo: la vergine nera di Rocamadour tanto cara a Huysmans non può nulla contro la dottrina dell’Islam moderato decantata da Ben Abbes, Napoleone contemporaneo con l’obiettivo di creare un “impero europeo unito” sulla stregua di quello romano, che nel frattempo ha a sua volta convertito le istituzioni sociali e scolastiche – Sorbonne compresa – in favore della religione di Maometto. Dopo un periodo scoraggiante dal punto di vista intellettuale in seguito al pensionamento anticipato dall’insegnamento universitario per mancata adesione ai dettami religiosi del nuovo Presidente, François si lascia opportunisticamente affascinare e convincere dal nuovo rettore Rediger ad iniziare una nuova carriera da docente, e soprattutto una nuova vita, in cambio dell’adesione completa all’Islam, un salario decisamente maggiore e tre giovani mogli pronte a sottomettersi a lui.
Contrariamente a quanto affermato dall’autore, Houllebecq, nel 2001, ovvero che “la religione più stupida è l’Islam”, Sottomissione non è un romanzo islamofobo, anzi si avvicina a un’islamofilia definibile opportunistica in due sensi: dal punto di vista finanziario, l’avanzata di Ben Abbes porta un rinnovato ottimismo economico e sociale che non si vedeva in Francia dal secondo dopoguerra; secondariamente, l’adesione alll’Islam è di gran lunga il miglior scenario rispetto all’ipotesi sempre più incombente della secolarizzazione cristiana. Per quanto ne sia avverso, Houllebecq è terrorizzato da un’ipotetica scomparsa delle religioni perché in tal modo le società non avrebbero modo di esistere; d’altronde, fin dalla seconda metà del XIX secolo i sociologi si sono interrogati su una probabilissima scomparsa del credo coincidente con l’inizio della modernità. La risposta di Houllebecq è l’adesione all’islamismo come religione semplice da prendere in toto, capace di dare nuova vita al protagonista e all’Europa intera; non importa se a costo della libertà che, anzi, è diventata fin troppo faticosa da gestire per gli uomini. Scelta codarda? Forse. I personaggi sono stanchi, sconfitti e disillusi, e a loro viene facile scambiare la libertà per un po’ di tranquillità.
Romanzo non solo fantapolitico quindi, ma anche ritratto vivido di un possibile futuro non troppo lontano (lo stesso Houllebecq all’indomani dell’attacco a Charlie Hebdo è scappato da Parigi, come François dopo gli scontri a Place de Clichy), luogo di approfondimento culturale della letteratura francese ottocentesca e di placida discussione interreligiosa.