Quando tutto tornerà a essere come non è mai stato, di Joachim Meyerhoff
Il titolo di Meyerhoff è già evocazione pura, predispone l’animo a un subitaneo senso di malinconia che si stempera disegnandosi in vari contorni, in un caleidoscopio che è quello racchiuso nel cuore di ognuno. Perché ognuno vive a suo modo mille sfumature di sentimenti che mutano nel corso degli anni e pagina dopo pagina lo scrittore attraverso la figura di Josse, suo alter ego, crescendo li vede evolversi, e con lui cresciamo mutando ad ogni capitolo, anche noi, insieme a lui.
Sette anni ha il piccolo protagonista che si muove in quel luogo a metà, nella sua terra tedesca sferzata dal vento freddo, dalla pioggerella incessante e da straordinarie nevicate che quasi mutano le visioni dell’esistenza disciolte attraverso gli occhi bambini di un piccolo uomo che osserva il suo mondo in maniera personalissima, filtrando le sue impressioni tramite la figura enorme del padre, direttore dell’ospedale psichiatrico dove il ragazzo vive con la famiglia. Una madre stabilmente sospesa con l’animo messo da parte per accordarsi con quello del marito, due fratelli – quello grande e quello di mezzo – quasi figure senza nomi pur nella loro importanza e un cane, fratello di sangue. Tra i padiglioni dell’ospedale, nel centro, la casa-rifugio, luogo in cui sentirsi protetti, rinchiusi fuori o dentro parte di un tutto anomalo agli occhi dei normali, luogo quasi incantato di facce a volte deformate dalla malattia mentale ma che divengono quotidiani abitanti di quel reame dove il grande padre assorto tra i libri nella sua poltrona ad orecchioni è quasi sovrano, immerso e sensibile, che insegna ad accettare la diversità a quel bimbo preda di crisi improvvise di rabbia che vengono dal nulla e che nulla pare calmare.
Josse sviluppa la sua intelligenza straordinaria e una sensibilità quasi fuori del comune, attraversando quel cortile di volti strani, imparando a conoscere ognuno per il mondo in cui è immerso. Con la paura che piano cresce e piano svanisce per alcuni di loro, come quel campanaro enorme, gigante indivisibile dalle sue campane roteanti, che prendendolo sulle spalle romperà il ghiaccio facendogli fare il giro dei palazzi col vento sul viso. Tra i padiglioni, panchine di vite disperse, impegnate in lunghissime boccate di fumo, con lo sguardo perduto chissà dove, visi senza età come Margret che parla come se ogni frase fosse una sola parola, mangiandole tutte, insieme all’aria, per regalare magnifici “OmioDioprofessorecom’ècresciutosuofigliononpossocrederci!”, umanità raccolte spesso in quella casa divenute via via parte di un nucleo allargato dove quel professore sapeva essere padre anche per loro. A loro modo luoghi, come corpi, gabbie di chiusura e di apertura, da capire, da imparare a conviverci.
Josse attraversa, passa oltre, dorme al sicuro cullato dalle urla dei pazienti, quasi abitudine rassicurante. Cresce nel corpo, nel cuore, nei bisogni, e come succede certe volte si ritroverà a essere molla tesa, allontanandosi insieme alla necessità di ritrovare, poi, tutto quello che si è lasciato alle spalle tornando indietro. Con il bisogno di andare, sentirà il bisogno di ritrovare se stesso, inciampando però in un ritorno che non sarà più ritrovo di un tempo lasciato. Certe volte le molle si spezzano e nulla è più come lo vorremmo ricordare.
Il ritorno non è sempre compiuto: spesso le cose sono diverse da come le ritrovi e, seppur imperfette, a loro modo rappresentavano una perfezione che a poco a poco mancherà. E sarà una piccola forma di odio, rabbia, malinconia a muovere l’anima, a creare il bisogno di ricostruire. Quando tutto tornerà ad essere come non è mai stato è sceneggiatura, autobiografia di questo scrittore-attore, intrisa di ricordi mescolati tra loro, avvolti da un senso di fortissima ironia che renderà tutto più lieve come accettare le cose per ciò che sono, con i loro mutamenti. Occorre capire che il futuro è sì, incerto, ma certe volte lo è anche il passato, con cui non solo devi spesso fare i conti, ma anche ricomporlo perché il domani abbia tutti i suoi pezzi insieme, come il cuore che spesso di pezzi ne perde tanti, per strada, nel tempo. E si tiene insieme, forse, con l’unica forza motrice dell’amore.
Ritorni, andate, tumulto di cuore e d’anima per un racconto di vita che cattura semplicemente per ciò che è, un bellissimo scorcio di caldi ricordi familiari, per cui pensi “ti ricordi quando eravamo felici?” e magari neanche ce ne rendevamo conto…