Le ragazze di Sanfrediano, di Vasco Pratolini
“Tu mi fai girar, tu mi fai girar come fossi una bambola. Poi mi butti giù, poi mi butti giù come fossi una bambola…”. Se non ci fosse una differenza temporale di diciannove anni, si potrebbe affermare che Vasco Pratolini, all’atto della stesura de Le ragazze di Sanfrediano (edizioni BUR), stesse canticchiando tra sé il famoso successo di Patty Pravo. E se volessimo continuare questo anacronistico legame (il romanzo viene pubblicato nel 1949 e la canzone incisa nel 1968), potremmo affermare che di fronte al microfono non vi sarebbe una ma ben cinque ragazze: Silvana, Mafalda, Gina, Bice e Tosca, le ragazze di borgo Sanfrediano. Il motivetto verrebbe dedicato a Bob, giovane rubacuori per diletto, spaccone, sogno proibito di tutte le ragazze del circondario.
Ma chi è davvero Bob? E perché tutte s’innamorano di lui?
Bob è l’amante perfetto: grande adulatore, sguardo che t’incanta, voce maliziosa. Bob è il gusto proibito della relazione clandestina, è il brivido dell’attesa, è un complimento romantico catturato nella notte. Quanto è reale? Poco, perché il giovanotto in questione, Aldo all’anagrafe, altro non è che un attento studio del personaggio, un attore di fiction ante-litteram che si diverte a riempire le sue giornate tra un bacio rubato e una carezza fuggevole, tra un’adulazione e un gioco di sguardi:
Egli amava sempre la donna a cui stava vicino, e solo lei nel momento in cui la carezzava, ma la sua giornata era costellata di questi istanti esclusivi, e via via diversi, poiché Bob, ormai, si riteneva dotato di un’immensa riserva di affetto che una sola donna sarebbe stata incapace di accentrare ed esaurire.
Ma come canterà la ragazza del Piper quasi vent’anni dopo, anche le ragazze di Sanfrediano, una volta scoperto il vero volto del playboy toscano, non si lasceranno più mettere tra le bambole che non piacciono più e, unite nella vendetta, andranno a riprendersi con le unghie dignità e amor proprio rubato.
Vasco Pratolini ammalia il lettore con la sua prosa arricchita di dialetto fiorentino, e racconta una storia apparentemente semplice quanto rivoluzionaria all’epoca della pubblicazione: nella nuova Italia del Dopoguerra non vi è più spazio per la discriminazione sessuale. Le donne acquisiscono lo stesso valore degli uomini e a volte, come in questo caso, si rivelano migliori, più leali, determinate, vere. Nel bene e nel male.