Il vento delle emozioni milanesi di A. Robecchi
Il giallo italiano punta sempre più spesso su due fattori: ironia e sentimenti. Non c’è la fredda lucidità dei gialli nordici, né la cervellotica costruzione dei gialli anglosassoni o la crudezza di certi noir francesi e americani.
C’è, in alcuni gialli italiani, un calore che non è soltanto sole e caldo, ma anche animi chiusi di solitudini cittadine, pronte ad aprirsi al primo spiraglio, inconsapevoli di ciò che la vita riserva e nel tentativo di opporsi al fastidioso vento che percorre il romanzo dall’inizio alla fine.
Carlo Monterossi, protagonista di due romanzi gialli di Alessandro Robecchi, torna nelle librerie con Di rabbia e di vento, edito da Sellerio di Palermo.
Carlo Monterossi è un autore televisivo di successo, spesso nauseato dal mondo superficiale e frivolo in cui riversa il proprio talento, ma che è pure quello che gli consente un elevato standard di vita.
In una Milano fredda e stranamente ventosa, Monterossi si trova coinvolto in un intricato giallo alla cui base sta l’incontro fortuito con Anna, una donna bellissima e misteriosa.
Parallelamente, un delitto efferato cui segue, dopo poche ore, la morte della stessa Anna.
Il tutto ruota intorno a un fantomatico “tesoro”, ai simpatici intrallazzi di Carlo e del suo amico Oscar, e all’umanissimo agire del vice sovrintendente Ghezzi. La trama si snoda bene, tra un brano di Bob Dylan e acute e malinconiche riflessioni. E il finale, come un giallo comanda, si rivela appassionante e ben costruito.
Emerge qua e là, oltre al vento, anche la rabbia di fronte a vite che si distruggono per poco, pronte a scomparire pur di non rinunciare al denaro. Un’amarezza spesso neppur troppo velata, un singhiozzo che si ferma sul punto di uscire.
A far da controcanto alla durezza di alcuni dei protagonisti, una spiccata ironia in certi dialoghi che rende gradevoli le situazioni, caratterizzando simbolicamente i personaggi.
Per certi versi, quest’aspetto mi ha ricordato il Kostas Charitos di Markaris, soprattutto in certe pagine del vice sovrintendete Ghezzi e di Rosa, la sua petulante (ma simpatica) moglie.
L’ironia è l’ingrediente che affiora, attualmente, in molti romanzieri italiani di successo. Perché, anche nelle situazioni più serie e drammatiche, un sorriso si spalma bene e ci illude che tutto sia più sopportabile.
In fondo, ho visto ridere anche ai funerali.
Tuttavia, senza rimangiarmi quanto appena detto, la stessa ironia mi è sembrata un pizzico ridondante in alcuni, rari passaggi della voce narrante. In dette situazioni, l’ironia non aggiunge nulla, anzi rischia di falsare l’intento e l’atmosfera.
Mie opinioni stilistiche che non sminuiscono un lavoro molto buono, un libro godibile, intelligente e verace.