Il buio dentro, di Antonio Lanzetta
Taglia, la paura taglia. Il ricordo anche. Tagliano i rami che si aggrappano, mani ossute a strappare la corsa, rallentare la fuga. Senti il dolore, la paura di essere inseguito come in uno di quegli incubi nei quali i piedi pesano e non c’è modo di trovare salvezza.
Il buio dentro (La Corte Editore) è il nuovo thriller di Antonio Lanzetta. Un brivido lungo un romanzo.
C’è un corpo che dondola legato a un salice bianco. Bianco come la purezza, che nell’immagine stona. Come le bambole innocenti di infanzie tradite, legate, sospese tra i rami.
Quanto simbolismo, quanta inquietudine in questo romanzo. Prenderete nota di ogni dettaglio, e ogni dettaglio vi colpirà, vi condurrà verso la fine che rincorrerete come quando dal fondo del mare sentite di voler riemergere il più in fretta possibile alla ricerca di aria.
La donna bambina, appesa ad un ramo, consunta, la testa staccata poggiata tra foglie per terra, il corpo smagrito, il sangue raggrumato. Non c’è più vita in quel bosco dove occhi senza espressione e senza orbite di bambole sospese riportano antichi pensieri e dove lontani rituali riemergono dal fondo del tempo. Più precisamente da 31 anni prima, quell’estate dell’85, quando un altro corpo era finito in pasto al buio di quel bosco, tra dita maligne di demoni oscuri, demoni umani. Quell’estate era stata tutto un rincorrersi di bici lanciate nel sole, di infinite giornate a farsi bastare il sudore, il mare e il calore, era stata tutta un sospiro celato di amori che sbocciano: Claudia dolcissima, Flavio lo “straniero”, orfano di madre, che lascia Torino e raggiunge il burbero nonno ai piedi di un luogo incantato di mare e montagne che aspettano e cascate che occultano. Sogni di ragazzi, tanti. Quelli di Stefano che culla un amore per Claudia, strappatogli dal nuovo venuto. Nei sogni si insinua allora la forma strisciante della gelosia. E poi il buio, incombente come pugni di bulli che rompono il tempo e che bisogna affrontare per non averne paura. Cose che accadono, ma non qui, non a Castellaccio.
Antonio Lanzetta con il suo romanzo scava oltre, scava più a fondo, e divide in due il tempo, sospeso a distanza di quei 31 anni.
Dopo 31 anni quello che resta sono vite strappate, stracciate, e carne lacerata, e domande senza risposte. Altri cadaveri, altro sangue per rimettere insieme i pezzi di un ricordo che non vuole sbiadire. 31 anni dopo resta una matassa da dipanare, restano intrecci da slegare come abbracci lasciati nel tempo. Splendore e buio e mondi celati e antri da togliere ossigeno in un romanzo che è un film di quelli che da tempo Argento non ci dona più. Lanzetta firma un nero di notte che sporca, di macchie rosse indelebili di sangue che pulsa, che batte nelle tempie. Voi sarete lì a cercare un colpevole, a cercare la pace, a cercare di rimettere a posto i ricordi.
Abbiamo fatto qualche domanda all’autore sul romanzo e sulla sua scrittura:
Come nasce un nero così forte? Da quale intuito, quale ispirazione?
Ho pensato alla trama e, principalmente, ai personaggi per quasi un anno prima di mettermi a scrivere. Non lavoro seguendo una scaletta programmata ma aspettavo il presupposto per prendere coraggio. Venivo da un altro tipo di scrittura, quella Young adult e di genere fantastico, e cimentarmi con un romanzo nero era per me una sfida. Volevo dimostrare di essere in grado di scrivere la storia che mi portavo nel cuore. Sono un lettore vorace e, parlando di thriller, preferisco i libri dove a condurre le indagini non sono i poliziotti ma le persone comuni. Mi sono sempre chiesto come mi sarei comportato a gestire una determinata situazione e forse scrivere è un modo per darmi delle risposte.
Esiste tra ognuna di queste anime una forma di assoluzione?
C’è sempre un’assoluzione per l’uomo. I personaggi de Il buio dentro sono uomini spezzati. Sotto la loro pelle non ci sono muscoli e ossa ma un ammasso di vetri rotti. Pagano le conseguenze di quell’estate del 1985 in cui tutto è cambiant e sono cresciuti con la consapevolezza che era impossibile mettere le cose a posto. Ci riusciranno?
Qual è l’elemento principale, la chiave di lettura del suo romanzo?
Il buio dentro è un thriller, questo è certo, ma soprattutto un romanzo che parla delle persone, o almeno questo era il mio intento. Tutti noi abbiamo un lato buio, una pozza di oscurità nascosta lì, da qualche parte in fondo al cuore. Con il tempo forse abbiamo imparato a riconoscerla, a conviverci. Il buio dentro è questo: la capacità di guardarci dentro e capire la verità.
Ci sono letture che più di altre hanno influenzato il suo stile?
Il primo giallo che ho letto, a dieci anni, è stato Dieci piccoli indiani di Agatha Christie. Molti autori americani hanno influenzato in modo determinante la mia passione per i libri: da George R. R. Martin a Joe R. Lansdale, da Stephen King a Zafòn. Di recente mi sono appassionato ai romanzi di Gillian Flynn, che reputo un’autrice superlativa.
Il romanzo di domani?
Il buio dentro ha aperto diverse porte nella mia testa. Dovrei essere in vacanza e approfittare di questi mesi per leggere come se non ci fosse un domani, ma in realtà sto già pensando al libro che vorrei scrivere nel 2017. Non mi sento di dire di più, dato che è ancora tutto in fase embrionale, ma sono sicuro che sarà un libro nero, che tratterà una tematica molto scomoda e che sarà basato su una profonda analisi psicologica dei personaggi. Vediamo cosa riesco a fare.