Se Dio Fosse una donna – SuperTex, di Leon De Winter
A volte una giornata racconta tutta una vita e pare non finire mai. Come fosse un’alba eterna, come fosse fatta solo di foschia e silenzio.
Trentasei anni racchiusi in un’unica seduta psicanalitica e una psicanalista che dovrà sciogliere più di un nodo cercando di trovare il capo di quella matassa attorcigliata intorno a quei cento incazzatissimi chili che compongono la figura di Max.
Se Dio fosse una donna, il romanzo di Leon De Winter (ed. Marcos y Marcos) arrivato da poco nelle librerie, è una sorta di cortometraggio che con vivaci pennellate dipinge un uomo, l’uomo e tanti uomini, il mondo che abita simile a quello di tanti altri, il senso di colpa perenne che nutre e la vita che vive, sopraggiunta attimo dopo attimo senza che quasi se ne rendesse conto.
Quel sabato un divano sgangherato diventa il luogo dove Max, osservando il soffitto, cerca di tirare fuori ciò che non riesce a digerire di se stesso, di portare in superficie quell’enorme buco che ha nel cuore, di far luce sulla figura di suo padre.
Davanti alla psicanalista si mette a nudo reticente, convinto tuttavia, tra sé e sé, che se Dio fosse una donna avrebbe la voce della dottoressa Jensen.
Insieme a lui attraversiamo un giorno e un’alba perenne e distorta, attraverso il bagliore della quale tutto si contorce; abbandoniamo il letto caldo che ospita ancora Maria, bellissima, ancorata alle pieghe del corpo; ci lasciamo alle spalle un telefono e i documenti sbagliati che costeranno il licenziamento della segretaria di sempre; dimentichiamo l’aria pesante che lascia presagire una giornata da cancellare.
La partita di abiti in arrivo da Taiwan è in ritardo e Max, a capo della grande catena di abbigliamento prêt-à-porter SuperTex fondata dal padre, non può permettere si verifichino rallentamenti. Così, in cerca di una soluzione, attraverserà a bordo dell’amata Porsche una città semivuota per sfrecciare fino al margine del destino, trovandosi di fronte una famiglia di ebrei chassidim. Il più giovane tra loro, sfiorato dal lucido muso dell’auto, si contorcerà dal dolore spingendo quella mattina in un baratro infinito fatto di sirene di ambulanza, polizia e un avvocato che sul visto porta ancora i segni del cuscino.
Di cose a posto se ne dovranno rimettere tante, in un percorso da seguire andando a ritroso nel tempo, rimettendo una vita intera nelle mani e negli occhi di una donna in ascolto, raggiungendo gli anfratti dell’infanzia, quando Max brillava nelle sue vesti da studente portando sulle spalle la responsabilità di un futuro tutto costruito su misura da due orgogliosi genitori.
Lui, più sveglio di suo fratello Benjamin, destinato a diventare avvocato per volere di suo padre, che romperà il filo conduttore imposto, che si ribellerà allontanandosi da quella figura maestosa e integerrima, che cercherà il proprio futuro lontano per poi ritrovarsi nell’azienda di famiglia a lavorare proprio al fianco di quel padre ingombrante. Un padre che invece è un uomo cresciuto col peso della guerra, dei campi di sterminio, sfuggito all’inferno e per questo insignito dal mondo e dai figli di un’aura impeccabile che verrà meno davanti alla reale e umanissima fragilità di peccatore che gli varrà l’odio del figlio.
Max che si attorciglierà di sensi di colpa per quella volta che, forbici tra le mani, avrebbe volentieri fatto finire quell’ingombro paterno nella tomba ma quando nella tomba quel padre ci finisce davvero, sente un misto di sollievo e di dolore.
Max che percorrerà quelle strade lontane per ritrovare la strada di casa, per riportare suo padre alla giusta dimensione. Quel padre che ad ogni frase affiancava un proverbio, e tutti insieme quei proverbi ritorneranno a comporre un’unica storia di assoluzione, la storia di Max, finché tutto sembrerà avere un senso quando la voce di quella donna, la voce di Dio, gli dirà: “Lei non ha bisogno di me”.
Sarcastico e sagace, caratterizzato da dialoghi serratissimi e da una narrazione coinvolgente, Se Dio fosse una donna trascina il lettore nella diversità di una cultura senza tempo, rendendo gli uomini simili tra di loro in tutti i vuoti che la vita crea, in tutti i rapporti che si fanno posto nel cuore e sanno far male se non posti nei giusti confini, fino all’arrivo del perdono e, con esso, della riscoperta di sé stessi nelle vesti di semplici esseri umani.
Ritrovandosi, mostrandosi e semplicemente accettandosi così, ognuno riprenderà la sua via, portando con sé un ultimo proverbio:
Se un padre regala qualcosa a un figlio, ridono entrambi, se un figlio regala qualcosa a suo padre, piangono tutti e due.