Cicala, di Shaun Tan
Trovo sempre molto difficile scrivere di un libro quando sembra essere stato creato apposta per me, quando colori, parole e linee portano con sé un messaggio che andavo cercando da tempo.
Cicala (Tunué, traduzione a cura di Marco Ruffo Bernardini) è un libro figlio del suo tempo: nasce dalla crisi globale e dalla lenta disumanizzazione che ha colpito la società nella quale viviamo.
In meno di cinquanta pagine l’illustratore e scrittore australiano Shaun Tan, premio Oscar nel 2011 per il cortometraggio d’animazione Oggetti smarriti, racchiude il presente in uno spaccato al vetriolo che condanna e nasconde chi, come il protagonista Cicala, non prevarica sugli altri, non si lascia scalfire dall’omologazione, non giunge a patti con il potere, non scade nel servilismo e nella violenza.
Con le sue tavole dai tratti squadrati e dai colori spenti, Shaun Tan narra la vita di Cicala, racchiusa tra le mura di un ufficio spoglio e impersonale, condannata all’anonimato e alle angherie dei colleghi.
Cicala è la storia di un reietto, di un paria della società, uno spirito silenzioso reso invisibile dalle mode che omologano tutto e tutti,un emarginato la cui esistenza passa e va senza apparentemente lasciare traccia alcuna di sé.
Una storia triste, cruda, senza speranza? No. Perché Cicala è un’opera di denuncia ma anche di speranza, un racconto che invita tutti i lettori-Cicala come il protagonista a non cedere, a non smettere di combattere, a non sentirsi infinitamente soli e sbagliati, a continuare a credere nel futuro.
Cicala racconta storia.
Storia buona. Storia semplice.
Storia comprensibile anche a umani.