La principessa sposa, di William Goldman
La maggior parte delle persone a cui in questi giorni ho domandato se avessero mai visto il film La storia fantastica mi ha risposto di no. Altri mi hanno risposto “Certo, com’era bello quel cane-drago bianco!”. Ecco, no. Il cane-drago è Falkor, il Fortunadrago, e quella è tutta un’altra storia (La storia infinita, di Michael Ende).
A tutte queste persone avrei voluto rispondere: “Mi spiace”.
Mi spiace perché La storia fantastica è un film che a vederlo, soprattutto da bambini, ti incanta. Quindi potete ben immaginarvi la natura nostalgica di quella voglia che m’è presa di leggere quando ho scoperto che la pellicola era tratta da un romanzo: La principessa sposa, di William Goldman (Marcos y Marcos, con traduzione di Massimiliana Brioschi e prefazione di Cristiano Cavina).
La principessa sposa è una storia nella storia nella storia: vi è prima un Goldman bambino che scopre l’amore per la lettura, poi un Goldman adulto che cerca di trasmettere questa passione anche al figlio e che decide quindi di riscrivere la storia che suo padre gli aveva letto quando, ancora piccolo, era stato costretto a letto e, infine, la storia stessa, i cui elementi sono all’incirca questi:
Scherma. Lotta. Tortura. Veleno. Vero amore. Odio. Vendetta. Giganti. Cacciatori. Uomini malvagi. Uomini buoni. Belle dame. Serpenti. Ragni. Bestie di ogni natura e tipo. Dolore. Morte. Uomini coraggiosi. Uomini codardi. Uomini più forti. Inseguimenti. Fughe. Menzogne. Passione. Miracoli.
Di nuovo, però, immaginate quale sia stata la mia sorpresa quando ad attendermi ho scoperto un romanzo che per sapore, tono e stile era totalmente differente rispetto alle atmosfere che ricordavo.
Perché la scrittura di Goldman è ricca di un umorismo inconsueto basato su ironia, ripetizioni, incongruenze, dialoghi incalzanti e dai risvolti inaspettati. La risata non sorge immediata, né è frutto di uno scambio particolarmente arguto. È invece figlia del ritmo, dei modi, della caratterizzazione esagerata con cui Goldman descrive i suoi personaggi e talvolta soltanto della loro più schietta umanità (ho aperto questa parentesi per fare qualche esempio ma la richiudo senza farne alcuno perché il mio entusiasmo sicuramente non basterebbe a veicolare percezioni così sottili – bisogna riconoscere i propri limiti).
Quando mi sono lasciata travolgere da Goldman sapevo già che avrei incontrato di nuovo Buttercup e Westley, Fezzik e il magnifico Inigo, Vizzini il siciliano e il principe Humperdinck, ma non sapevo che avrei riso e come avrei riso. E anche pianto, lo ammetto. Ho trovato il viaggio attraverso le pagine de La principessa sposa davvero godibile: una storia fantastica, per l’appunto. Se vi dovesse capitare di leggerlo, spero possa rivelarsi così anche per voi.