Caffè Voltaire, di Laura Campiglio
Quella condizione così precaria da diventare unica, imperturbabile certezza. Quella sicumera che certi mestieri e mestieranti sanno già di propinare a ignare barcollanti vittime ferme dall’altra parte ad ascoltare, occhi al cielo, ben consce di un futuro in continuo modernissimo sempiterno Loop.
“Un universo che ci appartiene così vividamente…”, ecco quello che penseranno i lettori di Caffè Voltaire (Mondadori, firmato da Laura Campiglio), del mondo in cui si muove Anna Naldini, otto collaborazioni senza certezza, che diventano sette nel giorno del fatidico compleanno, quello che segna il mezzo del cammino di nostra, e di sua, vita. La seguiremo mentre cerca di tenere la testa in alto per non affogare. Lei in quell’età che arriva tra capo e collo, spesso dimensione in cui, per regola non scritta ma incisa a caratteri di fuoco dentro ognuno, dovrebbe avviarsi una certa nitida chiarezza sul futuro, e invece…le uniche certezze per la Naldini sono la scelta suo del nome, nato dalla passione della madre per i palindromi, qualche amicizia fidata e l’affidabilità di Siri, che nel momento del bisogno sa contattare al volo il prefe, ovvero il nonno dal consiglio da Grillo Parlante, attraverso il quale però anche un rimprovero sembra quasi un abbraccio riparatore.
Un universo milanese da centro di gravità permanentemente occupato da attivissimi progetti – «Eppure nessuno di voi fa l’architetto», conferma saggiamente il nonno, le cui pennellate sanno sempre essere efficaci. Eppure questa generazione di progettisti a qualcosa ha bisogno di attaccarsi per non cedere alla disillusione e c’è un fondo di ottimismo nella Naldini che, licenziata da La locomotiva, quotidiano che più a sinistra non si può, incomincia una clandestina relazione con I Probi Viri, quotidiano che più a destra non si può. Una divisione in brevi sillabe che messe insieme divorerà lo spazio che Anna, inconsciamente scaltra, ha da dedicare a entrambi, dimostrando prima a se stessa e poi al mondo quanto in politica (e forse anche altrove) si possa dire tutto e il contrario di tutto.
L’opera vivace e guizzante è perfetta nei suoi spaccati e nel cammino gustoso di questa campagna elettorale in cui la bionda longilinea Anna, non troppo bella né troppo brutta, affronterà una serie di situazioni che ci faranno credere di essere stati spiati, seguiti, ricostruiti, tanto ci sentiremo somiglianti a queste condizioni precarie: non solo questioni di lavoro, ma attributi ormai divenuti esistenziali, in cui la solidità degli amici, le improbabili relazioni e le lotte di classe diventano uno specchio in cui, a metà del cammino della propria vita, forse diventa rassicurante specchiarsi e perché no, commuoversi un po’.