Giorgio Bertani, editore ribelle: intervista con Marc Tibaldi
Il senso del fare libri, del fare cultura: questo potrebbe essere un buon sottotitolo per Giorgio Bertani, editore ribelle del giornalista Marc Tibaldi uscito di recente per Milieu edizioni. Giorgio Bertani è stato un editore tipico del fermento culturale del Sessantotto, sia per i titoli del suo catalogo, sia per il periodo (la Bertani Editore è nata nel 1969), sia per lo stile libero e ribelle.
Tra i suoi libri, testi importanti di controcultura portati in Italia per primo, testi del teatro di Dario Fo, pubblicato per primo, i nuovi filosofi francesi poi diventati di gran moda, il femminismo e l’ecologismo, giovani scrittori e poeti contadini, lotte operaie e grandi movimenti di lotta dalla Palestina all’Irlanda, l’antifascismo, il ’77 in Italia…
Nonostante queste “intuizioni”, l’editore veronese non è diventato ricco, anzi. “Non andava in vacanza alle Maldive”, come dice ironicamente lo scrittore Antonio Moresco, tra gli intervistati del libro di Tibaldi, perché lui stesso era un militante di quel periodo, faceva l’editore per passione e per portare avanti un progresso civile e sociale, per portare avanti l’Ideale.
Per questo mi sono appassionato alla lettura del libro e al documentario allegato Verona City Lights, e ho voluto intervistare l’autore di questo prezioso volume fatto di ricordi dello stesso Bertani prima della sua morte, testimonianze di chi l’aveva conosciuto, dal citato Moresco al fisico Carlo Rovelli, ai tanti intellettuali che erano entrati in contatto con il suo progetto editoriale.
Come sono nati Giorgio Bertani, editore ribelle e l’allegato dvd Verona City Lights?
È stata una gestazione travagliata! Nel 2005 progettammo una mostra dedicata all’esperienza della Bertani editore, ma l’idea si arenò a causa dello sgombero del centro sociale La Chimica di Verona, di cui io e il gruppo di amici che hanno portato avanti il progetto del libro/docufilm eravamo attivisti. Nel 2009, trasformammo il progetto da mostra a docufilm, e questa volta non lo portammo a compimento per difficoltà economiche. Registrammo comunque alcune interviste, a Bertani e ad altri attivisti. Poi ci incagliammo. Era nato come progetto complesso, sia dal punto di vista concettuale che dal punto di vista estetico. Troppo. Nel giugno del 2019, dopo la morte di Bertani, ci è sembrato giusto portare a termine quell’idea, per rendere omaggio a un’esperienza importante. Per quanto riguarda il docufilm, abbiamo reso l’idea “telegrafica” e concluso il montaggio solo con le interviste girate nel 2010 (ad eccezione del video di Carlo Rovelli, realizzato nel 2019), rinunciando ad articolazioni narrative e a una realizzazione formale più ambiziosa. Il libro invece ha preso lentamente la sua autonomia e forma, fino a diventare sicuramente più importante del docufilm. Direi che libro e docufilm si completano e si integrano diventato un unico ordigno narrativo.
Perché questi titoli? Giorgio Bertani, editore ribelle e Verona City Lights?
Per quanto riguarda il titolo del docufilm, Verona City Lights, ci piaceva l’idea di un filo rosso planetario che unisse Le luci della città, capolavoro di Charlie Chaplin, film pieno di intensità emotiva, gioia, dignità, solidarietà, con le esperienze della City Lights Books, editrice-libreria di Lawrence Ferlinghetti, la Calusca City Lights, libreria-laboratorio politico di Primo Moroni, con l’esperienza editoriale di Bertani e nello stesso tempo associare a Verona un segno di positività, di “luce”, essendo divenuta laboratorio dove si incrociano e si sovrappongono pensieri e pratiche reazionarie, sovraniste, razziste, fasciste. Il titolo del libro ci è sembrato potesse ben sintetizzare la vita avventurosa e ribelle di Bertani e della casa editrice.
Come si è svolto il lavoro di ricerca?
Il metodo che abbiamo utilizzato è stato quello dell’inchiesta, della conricerca, innanzitutto con interviste agli attivisti di quel periodo, con una griglia di domande ben definite. E – per il libro – la consultazione di archivi e biblioteche pubbliche e militanti, tra cui la Biblioteca anarchica Domaschi di Verona e l’Archivio Primo Moroni, ospitato al csoa Cox18 di Milano. Il progetto del docufilm non aveva solo l’obiettivo di riannodare i fili della memoria con l’esperienza della Bertani Editore, con i movimenti degli anni ’60 e ’70 e le loro vivaci presenze, mirava a qualcosa di più. Già nel 2009 scrivevamo: “Attraverso l’intreccio di testimonianze e l’esperienza editoriale di Giorgio Bertani, raccontare quegli anni senza indugio alla nostalgia e alla celebrazione, creare un film che possa funzionare come ordigno mitopoietico che metta in moto creazioni. Un contributo per l’invenzione di socialità dove solidarietà e sapere possano liberare le potenze delle intelligenze individuali e collettive”.
Che libri ha fatto Bertani? In quanti anni di attività? … forse meglio dire militanza…
Oltre quattrocento titoli di grande importanza. I più rilevanti forse sono quelli che vanno dalla fine degli anni ’60 a metà degli anni ’80, con la pubblicazione di autori e titoli validissimi, che ebbero una vasta eco a livello nazionale, si pensi alle prime edizioni delle opere più significative di Dario Fo. Da Dario Fo alle traduzioni di autori come Luxemburg, Bataille, Nizan, Guattari, Deleuze, Derrida, dalle istanze e dalle lotte dei movimenti degli anni ’70 – di cui lui era partecipe – all’attenzione alla cultura popolare, fino alla poesia con autori come Ferruccio Brugnaro, Alida Airaghi, Giuseppe Piccoli, Arnaldo Ederle… senza dimenticare titoli di “evasione” come il mitico Ormai è fatta! di Horst Fantazzini, in cui il rapinatore rivoluzionario racconta la sua fuga dal carcere. Questo era lo “stile” Bertani: fiutare lo spirito dei tempi, e presagirlo quando era possibile. La Bertani editore fu una bella esperienza di condivisione, difficile anche perché, come dice nel film il fisico Carlo Rovelli, che con lui pubblicò Fatti nostri, Bologna marzo 1977, “Giorgio non aveva un carattere facile”, ma nel corso degli anni la collaborazione di tanti intellettuali fu fondamentale, a iniziare dal filosofo Franco Rella, da Alberto Tomiolo, passando per Antonio Moresco, Carlo Mazzacurati, Donatella Levi, Alida Airaghi e molti altri. Negli anni ’70 ci fu un fiorire di editori alternativi, ma pochi ebbero la capacità di essere sempre “sul pezzo”, surfando l’onda dei movimenti, provocandola, ma anche deviando dai luoghi comuni, valorizzando ambiti insoliti, creando collegamenti e facendo rete.
E a proposito di militanza, possiamo aggiungere che oltre a occuparsi dei suoi libri, Bertani era attivissimo come organizzatore delle associazioni di editori di sinistra, da Editoria Democratica alla fondazione di Editoria Militante. Uno dei suoi crucci era rendere più democratico il sistema librario italiano, dalle librerie alle distribuzioni, creando degli spazi di agibilità politico-culturale liberi dall’influenza dei grandi gruppi editoriali. In un momento in cui i grandi gruppi editoriali impongono in maniera soffocante i propri tempi e modi a distribuzioni (che controllano), piccoli editori e librerie, soprattutto quelle indipendenti, mi sembra sia necessario riproporre le tematiche di riorganizzazione dal basso dell’editoria, o comunque un ripensamento della fruizione culturale. Il contesto attuale è peggiorato e fare un lavoro di unione come il suo è più difficile, ma necessario per far sì che editori di qualità e librerie indipendenti possano avere spazio. Quella di Bertani è un’idea che, pur in un contesto cambiato, ha ancora i suoi perché. Conoscere il lavoro di personaggi come Primo Moroni, Giangiacomo Feltrinelli, Giorgio Bertani può sicuramente esserci utile anche oggi.
È stato facile trovare un editore per un libro su di un editore? Come vi siete incontrati con Milieu?
È stato “naturale”, un sovrapporsi di hasard objectif e amour fou – avrebbe detto André Breton – per tutto ciò che è rivolta e ribellione. Milieu ha un nome e un logo bellissimi, ha un progetto editoriale innovativo e originale, vi invito a consultare il loro catalogo. Col senno del poi bisogna dire che Milieu è l’editore perfetto per questo libro per tanti motivi, per la vicinanza ideale, per il fatto che sia la casa editrice che ha ripubblicato tutte le opere di Horst Fantazzini, tra cui Ormai è fatta! uscito in prima edizione proprio con Bertani, e per tanti altri motivi. Edo Caizzi e Nicola Erba di Milieu sono inoltre dei veri e propri bibliofili che – quando li abbiamo contattati per proporgli il libro – stavano già cercando di ricostruire il catalogo Bertani battendo siti e mercatini di mezza Italia.
Come è stato accolto il libro nell’ambiente editoriale? E in quello politico?
È un po’ presto per dirlo, a qualche mese dalla sua uscita in libreria ha avuto molte recensioni positive. Altre speriamo escano. Speriamo sia una bomba a orologeria, scoppia dopo, ma scoppia! Per l’ambiente editoriale potrebbe essere un titolo che fa riflettere su come è cambiata l’editoria e sulla validità attuale di proposte alternative. Per l’ambiente politico è un po’ lo stesso discorso anche se in senso inverso. Con la fine della pandemia si riprenderanno le presentazioni dal vivo e ci sarà sicuramente la possibilità di dibattito e riflessione.
Tutti i libri dell’archivio Bertani troveranno posto nella sua Verona? A che punto siamo?
Domanda da porre al Direttore della Biblioteca Civica di Verona che ha ereditato i libri e i documenti – dopo che i nipoti hanno rinunciato al lascito. In questo fondo ci sono tutti i titoli che Bertani ha pubblicato (che non sono raccolti completamente in nessun altro luogo), poi ci sono i carteggi con intellettuali italiani e stranieri che attraversano almeno trent’anni di cultura e politica. Documenti importanti che devono essere catalogati e messi a disposizione di ricercatori e attivisti. Il gruppo di InfoSpazio161/Archivio Giorgio Bertani e altre realtà veronesi di base si sono resi disponibili alla collaborazione con la Biblioteca Civica, per rendere consultabile il fondo.
Altro da aggiungere?
Vi invitiamo a leggere il libro e a farci sapere cosa ne pensate, per noi è importante! È un libro denso di avventure per il cuore e per la mente, a iniziare da quella del 1962 quando Bertani e altri sette ventenni rapirono il vice-console spagnolo per salvare la vita ad alcuni antifranchisti. Vorrei ricordare che tutte le testimonianze del docufilm (Giorgio Bertani, Tita Novello Paglianti, Alberto Tomiolo, lo scrittore Antonio Moresco, il fisico Carlo Rovelli, Raffaella Poldelmengo, Tiziana Valpiana, Fiorenzo Angoscini e Mauro Tosi e Walter Peruzzi – fondatore di riviste di grande rilevanza come Lavoro politico, Guerre&Pace, Marx 101) portano contributi importantissimi. La faremmo troppo lunga se dedicassimo un ricordo a tutti i quattrocento titoli del catalogo, tutti di grande rilievo: da quelli sui movimenti di liberazione di quello che allora veniva chiamato Terzo Mondo, al femminismo, dall’ecologia – con titoli di Dario Paccino e Jean Fallot – all’informazione politica su temi di attualità (per esempio sulle persecuzioni giudiziarie a Pietro Valpreda e a Giovanni Marini), con la collaborazione con Stampa Alternativa di Marcello Baraghini e con Controinformazione, la rivista che faceva riferimento alla Calusca di Primo Moroni, e poi ancora i titoli di Bifo, Adelino Zanini, Ludovico Geymonat, Mario Galzigna, Sebastiano Timpanaro… Infine vorrei sottolineare che Bertani, come altri uomini di cultura veneti – Rigoni Stern, Meneghello, Zanzotto – fu attento alla cultura popolare e alle sue trasformazioni, in un’epoca di passaggio molto delicata, quella degli anni ‘60 e ‘70, legata all’emigrazione di grandi masse proletarie verso i centri industriali e con la perdita di contatto con la civiltà contadina. Lo scopo non era la nostalgia localista e/o “etnica”, tantomeno la loro rivendicazione, ma l’analisi delle trasformazioni di classe. Fondamentale a questo proposito è Paese perduto (in cinque volumi, il primo pubblicato nel 1976), di Dino Coltro, una raccolta minuziosa e rigorosa di tutti gli aspetti della cultura contadina veneta. Di Coltro venne pubblicato anche I lèori del socialismo, dedicato alle lotte dei braccianti delle campagne veronesi. Molto interessanti sono anche le storie contadine I Magnasoéte di Virgilio Scapin, scrittore eccentrico e originale.
Inoltre, aggiungo che le musiche sono di Claudio Fasoli, jazzista di rilevanza internazionale. Con una presunzione tutta ‘bertaniana’ posso dire che, come la vita di Giorgio, anche questo libro e il film che lo accompagna sono attraversati da una scossa vitale che produrrà dei divenire.