Memorie d’infanzia, di Sofja Kovalebskaja
Sofja Kovalebskaja è stata una donna unica nel suo genere, forse anche per il periodo storico nel quale è vissuta. Nata a Mosca nel 1850, molti sanno che fu la prima matematica e fisica russa, nonché la prima donna nel Nord Europa a ottenere una cattedra universitaria.
Quello che i più invece non sanno è che nel corso della sua vita Sofja si interessò anche alle arti, prima fra tutte le scrittura. E ce ne dà ampia prova in Memorie d’infanzia (Pendragon edizioni, traduzione di Cristina Buronzi Orsi), opera da lei composta nella quale la studiosa russa apre il suo cuore agli echi più personali: dal primo, confuso ricordo dal quale “ha inizio la mia cronologia, il primo apparire di una precisa presa di coscienza dentro di me: chi sono, e quale è il mio posto nel mondo” alla fanciullezza passata nella tenuta di famiglia non lontana dal confine lituano, fino all’avvento dell’età adulta e all’incontro, quasi casuale, con il più grande amore della sua vita, la matematica.
A metà strada fra il memoir e il romanzo storico, caratterizzato da una costante compresenza di storia personale e di avvenimenti di stampo politico e culturale europeo, Memorie d’infanzia accompagna il lettore nella vita della protagonista fino all’incontro con uno degli uomini più emblematici del panorama culturale del suo tempo, Fëdor Dostoevskij.
Con uno stile inimo quanto puntuale e una freschezza narrativa propria delle penne contemporanee, come una luminosa stella cadente, “La regina della scienza” (così Sofja Kovalebskaja era stata soprannominata dai contemporanei), immerge completamente il lettore nella luce nella sua vita domestica, fatta di routine e di costante dedizione, di coraggio e di tenacia, di Storia e di lotte per la libertà, prima di eclissarsi prematuramente nel buio della volta celeste.