Il francese, di Massimo Carlotto
In questa sua ultima uscita con Mondadori, Massimo Carlotto ci regala un nuovo intrigante personaggio: Il francese, ovvero Antonio Zanchetta detto Toni, il macrò che gestisce una maison di dodici donne.
Ognuna di queste donne recita un personaggio diverso: dalla casalinga seducente in stile commedia sexy italiana alla manager in carriera, fino alla donna dominatrice: la maison di Toni è in grado di soddisfare le fantasie dei più svariati tipi di clienti di un giro medio-alto. Sono donne che non tutti si possono permettere.
Un giorno però succede qualcosa di irreparabile: una delle ragazze più giovani e richieste scompare nel nulla. È stato lui ad accompagnarla sul luogo dell’incontro con il cliente e la donna è scomparsa proprio sull’uscio dell’albergo dove doveva incontrare l’uomo che l’aveva scelta. Toni è quindi l’ultimo ad averla vista, entrando inevitabilmente nel mirino degli inquirenti, in particolare del commissario Franca Ardizzone.
Nel frattempo, come avviene in certi ambienti, l’odore del sangue attira gli squali. Così bande di slavi che gestiscono lo spaccio e la prostituzione della zona cercano di rilevare l’attività di Toni approfittando delle sue difficoltà.
Il francese cercherà di prendere tempo e cercarsi un alibi, ma tutto questo gli costerà caro…
Antonio Zanchetta è un personaggio cinico e allo stesso tempo affascinante, come tanti creati dalla penna del re del noir italiano. Furbo, violento, opportunista ma allo stesso tempo fragile, il macrò mostra tutta la sua debolezza quando realizzerà di aver “perso la mano”, di non riuscire più a interpretare il proprio ruolo e di svolgere quindi il proprio lavoro — se così si può chiamare — in un mondo spietato e senza scrupoli pronto a fregarti alla prima disattenzione o incertezza.
Carlotto ritorna a quella sua scrittura tagliente che mette alla gogna il perbenismo nostrano senza fare sconti a nessuno, in primo luogo al protagonista, col quale non sembra esserci alcuna empatia.
Le stesse donne sfruttate sono dipinte come vittime ma anche come arriviste e approfittatrici, sempre pronte a sfruttare l’occasione per arricchirsi senza farsi scrupoli di tradire il prossimo e passare sugli altri pur di raggiungere i propri scopi.
Non c’è indulgenza nemmeno per i rappresentanti della legge, pronti a dare in pasto le persone sacrificabili pur di arrivare all’obiettivo prefissato o all’arresto capace di calmare l’opinione pubblica o aiutare a fare carriera.
In particolare, in questo romanzo Carlotto si sofferma sulla “macchina del fango”, il meccanismo perverso con cui la furia mediatica di giornali e tv si accanisce su un caso di cronaca con una curiosità morbosa e quasi perversa scegliendo un colpevole, un capro espiatorio che possa fare da calamita alle accuse di falsi moralisti in una società corrotta che si nasconde dietro falsi perbenismi e una maschera ipocrita di rispettabilità.
La violenza delle parole dell’ipocrisia e delle menzogne fa da specchio a quella fisica della malavita che ammazza per pochi soldi e per un potere che si rivela il più delle volte volatile ed effimero.
L’epilogo lascia un po’ un senso di incompiuto, l’impressione che tanto la storia quanto il personaggio avrebbero potuto regalare qualcosa in più del senso di distacco col quale ci si avvia verso un finale anomalo, ma forse era proprio questa la sensazione che Carlotto voleva imprimere al lettore.
Forse non è tra i romanzi più riusciti del grande Carlotto, ma coi suoi toni noir e il preciso affresco sociale che è in grado di proporre, è di sicuro un romanzo da non perdere.