Duma Key, di Stephen King
Non leggete questo libro. Non fatelo. Rischiereste, a distanza di giorni, di sentirne ancora una forte e incredibile mancanza. “Duma key” non è un romanzo dalle atmosfere allegre e gioiose ma una storia umana, cruda, forte e stranamente, profondamente intima.
Stephen King scrisse questo romanzo nel 2008 e fu un successo immediato: solo nelle prime due settimane dall’uscita raggiunse il record di 2 milioni di copie vendute, attestandosi al primo posto nella lista dei bestseller stilata dal New York Times e aggiudicandosi successivamente il premio Bram Stoker per le opere di narrativa dell’orrore.
La trama è semplice ma efficace. Si costruisce a poco a poco, invitando il lettore con piccoli indizi, flash-back e descrizioni oniriche a seguire un filo narrativo forte, compatto, che non lascia nulla al caso e condensa pagina dopo pagina graduali e crescenti emozioni. Protagonista è Edgar Freemantle, un imprenditore edile che, in seguito ad un incidente potenzialmente mortale, perde un braccio e accusa gravi danni al cervello. Come parte del suo percorso di riabilitazione, non solo fisica ma mentale, decide di cambiare scenario alla propria vita e di prendere casa in affitto a Duma Key, suggestiva e incontaminata isola della Florida dove, su consiglio del proprio terapeuta, rispolvera la sua antica passione per il disegno e l’espressione artistica. Da quel punto in poi è un lungo scorrere di giorni che, l’uno dopo l’altro, vanno a svelare, tassello dopo tassello, ciò che l’isola, come gigante solo apparentemente dormiente, sembra celare.
Non si discute sul finale. In molti han criticato il modo in cui King ha scelto di concludere la storia e sarà quindi apprezzabile o meno in base alle aspettative del lettore ma è certo che non si possono e non si devono mettere a parte le caratteristiche invece più lodevoli del libro. Uno dei piaceri che offre, oltre alla storia incalzante, è sicuramente l’immedesimazione che Stephen King rende così semplice al lettore grazie alla chiarezza espositiva e alla spontaneità del suo stile. Edgar non è solo faro e occhio sul mondo che lo circonda, ma anche il flusso di pensieri che ci accompagna, come una coscienza, attraverso l’intorno e i contatti che intrattiene con le persone. Ricordi, immagini, sentire e percezioni sono accuratamente vagliati e indagati dal suo riflettere e osservare. Concreta presenza fisica hanno anche i luoghi: le piante malsane, l’imponenza del tramonto sul mare e i suoi colori, il fruscio delle onde sul manto di conchiglie che ricopre il tratto di spiaggia sotto la casa, un rumore costante, continuo, simile a voci che parlano e gridano.
Un bel romanzo psicologico, insomma, che potrà farvi ottima compagnia. Ovviamente, sarà ancor più suggestivo se vi troverete in un luogo vista mare.