Appuntamento a tre, di Sinead Moriarty
Questo è il secondo libro della trilogia dedicata a James ed Emma ma, soprattutto, alla loro voglia di avere figli. Stavolta si trovano alle prese con l’adozione e con quanto ne consegue: assistenti sociali, una nuova cultura (nello specifico “adozione internazionale”), pregiudizi di alcuni e preoccupazioni di altri, mentre il mondo attorno a loro continua a ruotare e anche la vita sembra scandire tempi diversi.
Dopo “Baby-à-porter”, Sinead Moriarty riprende dunque il tema della maternità da un altro punto di vista e cerca di far emergere non tanto l’aspetto genitoriale, quanto quello “matrimoniale”: prima dell’arrivo del pargolo, prima di poter sperare di poter dare amore ad un bambino, nella propria vita, sono necessari dei requisiti che possano attestare – almeno preliminarmente (chi può mai dire con sicurezza“sono pronto ad essere genitore?”) – la propria idoneità a crescerlo. Non sono richieste solo forza d’animo, determinazione e pazienza – nel corso della stressante attesa ad essere “valutati”: è l’amore tra i coniugi la cosa che più d’ogni altra può aver valore di garanzie future, il sapere dunque che in un modo o nell’altro due persone sanno starsi vicine, nel bene o nel male. Perché in tal caso, le probabilità che riescano a crescere un bambino insieme – forse il compito più arduo nel corso della vita – saranno altissime.
L’autrice non si preoccupa di luoghi comuni o tabù: ogni aspetto di questa “avventura” viene riportato nella storia con sensibilità, ma senza indulgenza. Che si abbia o meno vissuto un’esperienza simile, credo sia un libro prezioso per lo spaccato di vita che mostra e per come dà modo di comprendere davvero cosa ci possa essere in una scelta come quella di adottare un figlio.