La trilogia degli Hunger Games, di Suzanne Collins
Suzanne Collins ha fatto tombola. Non solo perché ha scritto un libro da cui ora è stato ispirato un film, uscito nelle sale l’1 maggio, ma perché la sua trilogia è davvero uno splendido lavoro. The Hunger Games, Catching Fire e The mockingjay, i tre volumi tradotti in Italia rispettivamente con Hunger Games, La ragazza di fuoco e Il canto della rivolta (pubblicati da Mondadori con traduzione di Simona Brogli e Fabio Paracchini), appartengono al genere Young Adult, ovvero a quello pensato espressamente per gli adolescenti. Di fatto, sono ben lungi dall’essere meri libri per i più giovani. La protagonista è comunque una sedicenne, Katniss Everdeen, giovane abitante del Distretto 12 di Panem, un territorio che un tempo altro non trattavasi che degli Stati Uniti d’America. Al centro la capitale, in periferia i 12 distretti, tutti isolati l’uno dall’altro e ciascuno specializzato in un proprio comparto produttivo per soddisfare i bisogni e i desideri degli opulenti ed eccentrici abitanti della capitale. In un lontano passato che risale a 74 anni prima, i distretti avevano osato ribellarsi al potere centrale e, per questo, ogni anno si tengono gli Hunger Games, per ricordare a tutti i cittadini delle perdite subite in quei tristi giorni e del loro status di inferiorità rispetto alle leggi loro imposte dai veri detentori del potere. Cosa sono gli Hunger Games? Nient’altro che un reality show: ogni anno ogni distretto deve mandare come tributo un ragazzo e una ragazza di età compresa tra i 12 e i 18 anni nell’arena, un mondo a parte da tutto che può riprodurre un habitat desertico, una foresta equatoriale o un ghiacciaio, in base al piacere degli sceneggiatori. Ripresi 24 ore su 24, i partecipanti sono invitati a uccidersi l’un l’altro in una strenua lotta alla sopravvivenza dalla quale si salverà soltanto uno di loro, alla vecchia maniera degli Highlander. Ogni mezzo è concesso e l’omicidio diventa non solo pratica lecita, ma desiderata alla stregua di un intrattenimento. Solo che stavolta le cose non vanno esattamente come si erano riproposti…
La trilogia è uno splendido lavoro di critica nei confronti dei mezzi di informazione. Non a caso, Suzanne Collins ha dichiarato che l’idea le è venuta in mente un giorno in cui, facendo zapping tra vari canali, si è resa conto di un inquietante parallelismo tra le immagini della guerra e quelle dei reality show, dove tutto sembra orientato più a fare spettacolo e ad attirare l’attenzione del pubblico piuttosto che a riproporre un lato umano, utilizzando barbarie e ipocrisia dilaganti come mezzi prediletti. Lo sponsor regna sempre sovrano, tra interviste, lacrime e massacri. Particolarità dello stile è che tutto ciò che il lettore vive attraverso queste pagine è filtrato attraverso lo sguardo di Katniss e, per questo, aderisce espressamente a un punto di vista che risulta ben lungi dall’essere onnisciente sui fatti e su quanto accade – cosa che altrove ha fatto scaturire qualche critica, soprattutto perché molte delle trame dietro alla storia vengono parzialmente celate, per poi essere ricostruite attraverso dialoghi o supposizioni. Proprio in questa scelta sta forse uno dei punti di forza dell’autrice: forse siamo troppo abituati ad avere l’impressione di sapere tutto. Solo l’impressione.
[La recensione si basa sulla lettura delle opere in lingua originale]