In uscita il 7 novembre: Risonanze orbitali, di Amalia Del Ponte
Non un catalogo, ma un percorso tra le opere di un’artista, punteggiato dalle domande che l’hanno accompagnata. Domande sulle scienze, perché “per colmare quel vuoto e la meraviglia che provo di fronte alla misteriosa natura e ai suoi segreti, nel mio fare scultura ho sempre cercato riferimenti nei paesaggi che la scienza svela continuamente”. Domande nate alle prese con le forme organiche e i materiali con cui Amalia Del Ponte ha lavorato, dal plexiglas dei “Tropi” negli anni sessanta, ai cristalli e dunque la luce, alle pietre dei suoi “litofoni” e dunque il suono, con suggestive incursioni nel mondo delle “onde quadre”…
Una ricerca, quella che si condensa in questo libro, ora accompagnata non solo dalle testimonianze dei critici, da Vittorio Fagone a Gillo Dorfles, Anne Marie Sauzeau Boetti, Lea Vergine e altri, ma anche dalle risposte di alcuni studiosi alle domande che sempre Amalia Del Ponte si è posta sul suo lavoro e sul mondo. Domande talvolta non prive di una buona dose di ironia: “Io sono fatta di particelle che hanno una durata di vita eterna! Dove finiranno i miei atomi immoratli?”.
L’autrice. Amalia Del Ponte vive a Milano e a Venezia. Allieva di Marino Marini all’Accademia di Belle Arti di Brera, sin dall’inizio della sua attività, nei primi anni sessanta, ha indirizzato la propria ricerca sul vuoto, sulla luce e sulla struttura della materia. Tra le numerose partecipazioni a mostre e personali, ricordiamo quelle alla Biennale di Venezia nel 1986, curata da Arturo Schwarz, e nel 1995 con una sola personale, presentata da Gillo Dorfles. Di recente, nel 2010, sull’isola della Certosa (Venezia), ha realizzato la videoinstallazione Regno dei Possibili Invisibili; attualmente sta lavorando a uno Jantar Mantar (orologio solare) in marmo, a Kochin, Kerala, India.