Brezze moderne, di Pietro De Bonis
Poetare non è affatto semplice. Spesso si rischia di cadere nelle trappole note delle rime troppo semplici e scontate e nei luoghi comuni, e si perde in questo modo una certa libertà espressiva che, pur senza tralasciare determinate regole stilistiche, dovrebbe essere propria di questa forma d’arte. Pietro De Bonis sa poetare, ovvero governare le parole, metterle in file ordinatamente scomposte e, al contempo, trasmettere emozioni.
Il Sole sta sempre lassù a mandarci luce
se proviamo a fissarlo
a tenergli lo sguardo
lui ci da fastidio.
Un po’ come quando mi chiedi se ti voglio bene
e mi vergogno a dirti sì.
La libertà espressiva non si trasforma in auliche prodezze, ma mantiene un costante rapporto con l’umano e il linguaggio quotidiano, finendo così per trasformare le parole in piccole pietre dense che cominciano a costruire un sentiero, quello che conduce all’anima denudata dell’autore, così come alla nostra. L’aspetto interessante, e coinvolgente, è che spesso sono come degli incipit, l’inizio di qualcosa. Non si sente mai la mancanza di una conclusione, tuttavia ogni poesia pare quasi un tassello che va ad aprire un discorso, un’immagine, una visione del mondo o un dialogo che si vorrebbe fare e lo lascia aperto così, come una finestra su un viale, esposto all’aria, fresco, e potenzialmente ispiratore. La possibilità di rendere parte integrante del testo la nostra immaginazione impreziosisce il lavoro, che si conferma per questo centrato, riuscito.
Pietro De Bonis ha 28 anni e, dopo aver pubblicato Tempeste Puniche, il Profumo della Quiete (Gruppo Albatros Il Filo), ci meraviglia oggi con Brezze Moderne, un volume dalla copertina accattivante (realizzata da Chiara Lupo) edito da Lupo Editore.
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