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In libreria: Aspettando la fine del mondo, di Caterina Davinio

Aspettando la fine del mondo

Così l’autrice introduce l’opera, finalista come inedito nel Premio Franco Fortini 2011: “Un viaggio in Africa lascia un segno infinito. L’Africa è le radici, l’origine, la patria di tutti gli umani. Goa, India, spazio dell’edonismo, dello sballo e della musica trance, di una comunione mistica, tribale e underground. […] E quando l’inferno di paesi ancora straziati dalla guerra e dalla povertà incontra l’inferno di un’anima ammalata, ferita, si sprigiona questa umile luce, una prostrata poesia di bagliori, oscuri raggi e lampi”.

Aspettando la fine del mondo si muove in una dimensione di interrogazione estrema, in attesa di qualcosa di irreparabile che stia per abbattersi, in un clima escatologico e millenaristico che non esclude il riferimento alla profezia Maya. Dato che il libro è stato scritto nel 2011, costituisce il meditato tragitto di questa attesa. Il poeta, in effetti, si è preparato alla fine del mondo, al collasso e alla conflagrazione dell’universo. Denunciando le guerre dimenticate che ancora insanguinano l’Africa, celebrando i trionfi della sua natura selvaggia, nostra immensa generatrice e madre dell’umanità, e frequentando feste sfrenate in cui ha amato perdere se stesso in uno dei luoghi più belli dell’India e della Terra, a Goa, in sofferto equilibrio, o disquilibrio, tra nichilismo, impegno civile, ebbrezza, oblio.

Scrive Erminia Passannanti nella postfazione: “In Aspettando la fine del mondo, scandito in due poemi (Poema 1. Africa e altro. Sequenza instabile e numerata; Poema 2. Sciamani. Goa. Cammino nel nulla e sono raggiante e vivo),  l’autrice, dunque, non si fa profetessa di un altro Olocausto per tradurre in scrittura una retorica del disastro, come accadeva nella poesia confessionale americana degli anni ’50 e ’60, ma denuncia senza mezzi termini, prima di tutto sul piano storico, un eccidio incessante e sistematico ai danni di due dei più misteriosi, magici, poveri continenti del pianeta.

La fine del mondo, antropologicamente sempre temuta ed imminente, dunque, è non solo un orizzonte simbolicamente incombente, portatore del seme del ricatto del potere, che genera paura del domani, ma, per assurdo, diventa una strategia di denuncia, sorveglianza e immaginazione”.

Come pure osserva l’autore della traduzione dell’opera nel testo a fronte, David W. Seaman, nella sua nota critica: “Nel leggere Aspettando la fine del mondo di Caterina Davinio ci si rammenta di molti scrittori che si sono assunti il compito di parlare per un popolo disperato – Léopold Sédar Senghor, la cui “Femme noire” e l’Africa, amalgamati, si traducono in espressione lirica, Aimé Césaire, nel  suo “Cahier d’un retour au pays natal,” che accetta e parla per il suo popolo in tutta la bruttura e la sofferenza. Ma il poeta di Caterina non parla della propria terra: in questi due poemi dedicati all’Africa e all’India sembra farsi carico dell’ex Impero britannico. Ecco perché viene alla mente T.S. Eliot, se non anche Rudyard Kipling e, tristemente, Ernest Hemingway.

Questa è poesia della perdita. Si tratta della perdita di vite umane e la distruzione del mondo cui tutti apparteniamo, tutti noi in origine africani, come Caterina sottolinea. L’Impero britannico era solo una parte del problema, e non è al centro del discorso qui; l’auto-distruzione è più devastante. Accanto ai trofei di Hemingway, si celava la tragedia umana, e continua ancora oggi”.

L’autrice. Caterina Davinio, nata a Foggia nel 1957, è cresciuta a Roma dal 1961, dove si è laureata in lettere all’università Sapienza, occupandosi successivamente d’arte contemporanea e nuovi media, come autrice, curatrice e teorica. Ha pubblicato: Còlor còlor, romanzo (1998); Tecno-poesia e realtà virtuali, saggio, con traduzione inglese, prefazione di Eugenio Miccini (2002), Virtual Mercury House, Planetary & Interplanetary Events, testi e documenti sulla e-poetry (2012). Per la poesia si segnalano: Il libro dell’oppio, con postfazione di Mauro Ferrari (2012), Fenomenologie seriali, con traduzione inglese a fronte, postfazione di Francesco Muzzioli e nota critica di David W. Seaman (2010), menzione speciale nel Premio Nabokov 2011, nel premio Lorenzo Montano 2012 e terzo classificato al Premio Carver 2012. Ha ricevuto riconoscimenti nei premi di poesia “Lorenzo Montano”, 2011, “Franco Fortini”, 2011, “Scriveredonna”, 2010 (Pescara), Renato Giorgi, 2012, per l’inedito. Presente in antologie, saggi e riviste internazionali, è stata uno dei pionieri della poesia digitale italiana nel 1990; il suo lavoro è stato esposto in oltre trecento mostre e festival in molti paesi d’Europa, Asia, Australia, Nord America e America Latina; tra questi: la Biennale di Sydney, La Biennale di Venezia, la Biennale di Lione, la Liverpool Biennial, la Artists’ Biennial di Hong Kong, la New Media Art Biennial di Merida, in Messico, il festival internazionale di poesia di Medellin, in Colombia, l’E-Poetry festival all’università SUNY Buffalo (New York) e all’università di Barcellona, il festival Polyphonix (a Barcellona e a Parigi), VeneziaPoesia (a cura di Nanni Balestrini) e molti altri. Dal 1997 ha creato manifestazioni di poesia e arte elettronica in sette edizioni della Biennale di Venezia ed eventi collaterali.

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Un pensiero su “In libreria: Aspettando la fine del mondo, di Caterina Davinio

  • Rosanna

    Un libro pieno di suggestioni e di forza. Più che la poesia civile, a me ha colpito il respiro della natura che pulsa nei paesaggi africani e goani di questo piccolo grande libro.

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