L’artista della sparizione, di Anita Desai
Cavedio era una parola che non conoscevo e, per questo, me la sono appuntata. Quante volte, ho pensato, mi sono trovata nella situazione di dover descrivere un cavedio con una perifrasi, incapace di dargli un nome suo proprio. Di fatto, il termine descrive uno di quegli spazi, a volte luminosi, altre più lugubri e raccolti, che in un’abitazione vengono utilizzati per portare luce o aria a locali secondari.
Ho trovato cavedio ne L’artista della sparizione, la nuova opera di Anita Desai uscita per Einaudi grazie alla meticolosa traduzione di Anna Nadotti. Il libro si compone di tre lunghi e splendidi racconti che hanno per protagonisti personaggi molto diversi che sembrano accomunati da uno stesso senso di mancanza e distacco dal mondo, dal vocio collettivo, che diventa così netto da avere una propria concretezza: la forma del loro essere interiore, del loro porsi di fronte alla vita.
Il funzionario statale che visita un museo presente forse solo nella sua memoria ne Il museo degli ultimi viaggi, l’anonima insegnante che insegue un qualche riconoscimento da parte di altri in Tradurre, Tradursi, il giovane uomo che vive sulla soglia di una casa diroccata e spenta ne L’artista della sparizione sono ciascuno la rappresentazione umana di un cavedio: sono silenziosi, presenti ma invisibili tra la folla, non sembrano condividere, scambiare, partecipare alla vita se non per brevi attimi, o forse in un altro tempo, quello che non è scandito tra le pagine. Eppure tutti e tre, pur immersi in una dimensione brumosa e abbandonata dell’esistere, sono a loro modo una fonte di luce e aria, di un particolare modo di sentire, toccare, reagire alle cose.
Ne L’artista della sparizione Anita Desai apre la piccola finestrella che si riversa in questi umani cavedi e riesce così a mostrare pieghe e increspature del ventaglio emozionale umano che sono talmente nascoste e sottili da diventare parole nuove. Magari ancora non le conosciamo, ma non possiamo sottrarci dal riconoscerle tanto nell’intorno quanto, soprattutto, in noi stessi.
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