Il pasto nudo, di William S. Burroughs
“Il pasto nudo”. Non lo fareste anche voi?
“Pasto Nudo” è un romanzo di William S. Burroughs pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1959.
Così estremo, disperato e crudo, ne fu inizialmente osteggiata la pubblicazione negli Stati Uniti fino a pochi anni più tardi. Ancora oggi rappresenta una lettura forse difficile, grottesca e fuori dal comune.
Si tratta della testimonianza di una tossicodipendenza paralizzante, di un viaggio vorticoso in vie sconosciute, in fantasie violente e irreali, tra luci al neon, strade buie, paranoie e spacciatori.
Chi non ha mai provato a capire, immaginare, mettersi nei panni di chi vi è finito, nel tunnel della droga, e che non riesce a uscirne?
Più che un tunnel, Burroughs ci mostra un labirinto, un “mondo altro” il cui fulcro ruota attorno ad un’unica grande esigenza: la dose che non basta mai, che è viva e non perdona e si rende sempre più necessaria di giorno in giorno, di ora in ora, consumando, annichilendo.
Il titolo originale, “The Naked Lunch”, fu suggerito all’autore da Jack Kerouac per descrivere “l’istante, raggelato, in cui si vede quello che c’è sulla punta della forchetta”.
Non è una storia, è un delirio: la sistematica raccolta di pensieri, stralci di vita e visioni di cui l’autore ha preso nota nei momenti in cui era la droga a guidarne la coscienza e i passi. È però anche una testimonianza che solo le parole scritte hanno potuto riportare, perché la crisi di astinenza e la sofferenza che ne è derivata non hanno lasciato altra traccia nelle memorie dell’autore.
Burroughs sa esattamente come condurre il lettore in questa dimensione, guidandolo senza preamboli in questo mondo illogico e doloroso. Poi, quando davvero sembrano non esserci più speranze, lo prende per mano e gli mostra l’uscita, la guarigione da questa Malattia. Sì, si può guarire, davvero, ma non basta, Burroughs si chiede ancora: “non lo fareste anche voi?”.
Voi cosa rispondereste?