Recensione: Per questo mi chiamo Giovanni, di Luigi Garlando
Un bambino siciliano, Giovanni, un padre, Luigi, un compleanno senza scuola e un viaggio nel cuore di una Palermo che non si può dimenticare, da via Castrofilippo a Mondello, dal Palazzo di Giustizia all’Albero Falcone, per raccontare, in un solo giorno, la storia di un altro Giovanni, un Giovanni che ha fatto la Storia del nostro Paese.
Luigi Garlando parla di mafia e affronta un dei temi più difficili ai quali approcciarsi: uscire dal buio dell’omertà e avere il coraggio di raccontare la mafia a un bambino. Perché la mafia è ancora oggi intorno a noi, e se sei un bambino palermitano di dieci anni e magari hai un compagno di scuola di nome Tonio che già pretende da te ogni giorno il pizzo, è importante sapere che esistono “i buoni” e “i cattivi”, e che lottare per la propria libertà può fare la differenza, anche se ci si sente (ancora) piccoli.
“Per questo mi chiamo Giovanni” è un inno alla libertà e alla giustizia, un’opera dedicata a un pubblico giovane che, con la sua prosa diretta e il suo messaggio indimenticabile, in meno di dieci anni dalla sua prima pubblicazione è stato adottato dalle scuole come libro di testo, ha dato seguito ad un fumetto e ad un cortometraggio.
Un libro che insegna ad aver coraggio, a non lasciarsi prevaricare dai “mostri”; la storia di un uomo che ha combattuto quei mostri e fatto la differenza, che ha messo in gioco la sua vita per non farci più avere paura… e ha vinto.
Biglietto affisso sull’Albero Falcone:
Daniela (III F): “Caro Giovanni, io sono la nipote del tuo autista che si è salvato, sono rimasta sgomenta apprendendo la tua morte e quella dei tuoi agenti e di tua moglie che sono stati molto coraggiosi nel fare il proprio lavoro. Adesso che non ci siete più, ti prometto, in nome di Palermo, che la mafia la sconfiggeremo noi e ti dico: grazie”.
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Il romanzo è suggestivo e adotta un linguaggio semplice e immediato proprio perché deve essere compreso dai ragazzi. È perfetto tranne che in un punto dove lo scrittore fa un paragone, a mio avviso, infelice.
Mi sono molto meravigliata che una simile frase vi fosse inserita. Perché è una frase che ancora una volta ripropone e lascia passare un concetto che credevo fosse ormai superato. Quello degli sceriffi buoni e degli indiani cattivi.
Ecco, il passaggio è questo:
” Centinaia di mafiosi ingabbiati nella stessa stanza, tutti senza processo: Palermo non riesce a crederci. E il grande merito è di Giovanni. Gli indiani hanno fatto strage in città, lo sceriffo è partito a cavallo ed è tornato con duecento pellirossa legati alla sella, uno dietro l’ altro.”
Una nota stonata. Una nota sbagliata in un contesto educativo.
Concordo. E devo aggiungere che ho provato una grande rabbia.