Addio, Umberto Eco
Dire addio non sempre è una cosa semplice, soprattutto se a mancare è uno scrittore del calibro di Umberto Eco.
Probabilmente non tutti hanno apprezzato il suo stile oppure il suo modo di fare; tuttavia, molti dei suoi libri hanno accompagnato la vita della maggior parte di noi. Sin dal suo primo romanzo, Il nome della rosa, passando per Il pendolo di Foucault fino ad arrivare al più recente Il cimitero di Praga, Eco ha sempre dimostrato di scrivere con una prosa da incantatore – in questo caso non di serpenti – ma di parole. Si è spento a Milano all’età di 84 anni. Martedì si terranno i funerali civili.
La voce di una sua presunta morte si era sparsa in altre occasioni, ma stavolta la campana ha suonato per davvero, proprio per lui. Tra pochi mesi sarà disponibile il suo ultimo libro: si tratta di Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida, edito da La nave di Teseo. L’uscita ufficiale era prevista per il mese di maggio ma, per ovvie ragioni, è stata anticipata a febbraio. Un’opera che piacerà di sicuro per la sua “leggerezza” tipicamente echiana, viste le sue 470 pagine. “È un libro di saggistica d’attualità, con molti materiali fra cui anche delle Bustine di Minerva”, ha spiegato l’editore Eugenio Lio.
Salutare Eco significa salutare un grande scrittore, semiologo e filosofo, ma soprattutto un grande lettore.
Gli diedi dell’imbecille a lezione di Semiotica quando batteva la mani per tenere a bada noi studenti come in un libro di Manzoni e non cambio idea. Ricordo che da Apocalittico quale era ha fallito con le sue profezie e (al pari di Grillo che parlava di distruggere i computers e fa il bloggista) mai ha chiesto scusa o detto mi ero sbagliato. Ha creato Il Nome della Rosa mescolando a caso (parole sue) paragrafi con un software e ditemi voi che senso può avere questo. Oggi è chiaro che Marshall Mc Luhan (e non la scuola marxista di Francoforte alla quale apparteneva) aveva detto il vero: i nuovi media sono prolungamenti del nostro Sistema Nervoso Centrale.