Gli aerostati, di Amélie Nothomb
Una ragazza di diciotto anni ed uno studente di sedici anni.
Un incontro casuale, voluto dal padre del giovane Pie, alla ricerca di un aiuto scolastico per il figlio, porta il ragazzino a cambiare per sempre la sua esistenza: da quando entra in contatto con la brillante Ange, per il giovane studente liceale si aprono le porte della letteratura.
Lezione dopo lezione, Ange mostrerà a Pie il mondo attraverso le lenti dei classici indimenticabili, dai viaggi di Ulisse ai sentimenti de La principessa di Clèves, dalle trasformazioni di Kafka alle passioni de Il diavolo in corpo.
Ange e Pie si troveranno a riflettere insieme sul senso più profondo della propria esistenza, su ciò che vogliono e ciò che il destino sembra aver in serbo per loro, in binari apparentemente predefiniti.
Ange sarà chiamata a domandarsi se la vita possa essere qualcosa di più che una rassegnata accettazione della solitudine, mentre Pie dovrà fare i conti con la propria rabbia repressa, i risentimenti verso un padre dispotico e una madre fatua.
Con Gli aerostati (Voland, trad. di Federica Di Lella), Amélie Nothomb scrive un racconto sorprendente fino all’ultima pagina, capace di cambiare direzione repentinamente, come la vita, dalla mite quotidianità alla tragedia esistenziale.
In bilico tra la finzione narrativa dei classici della letteratura e l’apparente ordinarietà della vita, la scrittrice belga si interroga sul ruolo che le influenze esterne possono avere sulla definizione della nostra forma mentis.
Può un buon libro alterare i nostri processi decisionali? Quanto un personaggio ben caratterizzato è in grado di indurci all’emulazione? E quanto, invece, ci spinge alla fuga, al rifiuto?
Un romanzo che colpisce come un pugno nello stomaco proprio quei lettori figli della letteratura classica, coloro che da sempre vedono nel libro un mezzo catartico e didascalico, per dar vita a un mondo migliore.
Tutto può avere a che fare con la letteratura.