La bambina senza il sorriso, di Antonio Menna
Quello che c’è e si vede, quello c’è e vede solo chi sa guardare. Un po’ come certi ricordi, che ti appartengono ma necessitano di essere riconosciuti per non scivolare come acqua, tra i vicoli. Lì torna lo sguardo attento di Tony Perduto guidato dagli occhi e dalla mano di Antonio Menna ne La bambina senza il sorriso (Marsilio editore).
Gira tra le strade strette, quel teatro partenopeo in cui tutti si conoscono, nel bene e nel male; e quando non si conoscono, in qualche modo si riconoscono.
Perduto è un giornalista precario, nella lotta quotidiana alla sopravvivenza conta per prima la stima, da non perdere davanti agli occhi di una madre per la quale è assurdo non avere una vita lineare, con una fidanzata poi moglie, nipotini, lavoro stabile. Perduto ha tutto quanto sottosopra, e forse da quel punto di vista vede le cose in un modo diverso da tanti. E così forse riesce anche lui a riconoscere quel sorriso che non spunta sul viso della bambina dall’aria da vecchietta che gli si para davanti per chiedergli di scrivere, di cercare suo padre, scomparso improvvisamente mentre passeggiavano tra i Quartieri Spagnoli. Un padre che non lascerebbe mai sola la sua piccola, un padre speciale perché lui, solo lui quel sorriso che non compare, lo riesce a riconoscere.
Tony Perduto incontrerà la memoria lieve, il passato che lega le vite riportandoci tra le strade di Bagnoli nel ricordo dell’Italsider, l’acciaieria che resisteva per decenni cambiando forme, colori e facce dei luoghi e delle persone, che rappresentava la svolta, il lavoro, e la maledizione. Chi c’era lo sa, sa cosa significava, conosce la sopportazione delle ciminiere che annerivano la spiaggia, che davano da mangiare, che diventavano parte integrante di quel quadro, insieme alla roccia, agli scogli, al mare; chi non c’era imparerà a conoscere.
C’è un legame in cui Perduto pare essere il solo a credere nel rimettere insieme pezzetti scomposti, nessuno denuncia, quasi come se a nessuno importi di quell’uomo diventato evanescente.
A quella ragazzina importa, e qui tra vecchietti che sembrano bambini e bambini che paiono vecchi, ribaltate, le cose, diventano tenere e reali e sei spinto ad osservare oltre e più da vicino, a scavare nella terra per riportare alla luce la storia, quella che un cronista cerca, quella che per qualcuno è fatta di un nome, un cognome e giorni passati composti di vita.