Come pioggia sulla terra, di Gianluca Di Matola
Un libro non si dovrebbe mai giudicare dalla copertina, ma qui la bellezza è dentro e fuori e dalla copertina parte. Dal dolore, dal sangue, dall’immagine che ti inchioda. Dall’acqua evocata dal titolo che dovrebbe – ma non può – lavare le brutture che si celano dietro la perfezione di certe vite, finte vite, false verità.
Come pioggia sulla terra, di Gianluca Di Matola, nasce dallo sguardo caparbio e attento di una persona che conosce molto, molto bene la propria terra, le proprie strade. Ed è proprio dalla strada e con lui sulla strada che ci muoviamo attraverso una storia che ci accoglie fin da subito di petto, guardandoci in faccia con uno sguardo dritto e veritiero.
Ma prima che vi parli di questo, vi dico cosa c’è prima: c’è una casa editrice, la Nunzio Russo Editore, che indice un concorso in cui al vincitore spetta la possibilità di pubblicare. Una possibilità accolta con interesse da scrittori alle prime armi, ma anche da esordienti con all’attivo un bagaglio forte e talento. Il racconto di Di Matola piace, vince, e così alle stampe arriva questo capolavoro che potrebbe essere paragonato a uno dei primi intensissimi romanzi di Giorgio Faletti, con cui Di Matola ha in comune la capacità di trasformare la parola in visione, tenere alta la tensione e il lettore incollato alla pagina. Non a caso, Di Matola vince di nuovo a settembre 2016 con il racconto Ottani l’ambitissimo premio Scerbanenco, venendo definito uno “Specialista del Noir” (parole di Zamarian, Il Messaggero Veneto).
Noir è anche Come pioggia sulla terra. La storia è nera e cruda, la scrittura mai appesantita da inutili aggettivi, il ritmo incalzante. Descrizioni chiarissime restituiscono ogni viso, ogni carattere e sfaccettatura, ogni angolo di certe dannate periferie; diventano materia tangibile. Gianluca conosce gli anfratti dell’anima e quelli dei vicoli, quelli delle sonnacchiose periferie che sanno nascondere dietro i paraventi della bellezza la più pura delle crudeltà.
Ecco l’ispettore Boris Lorenzi, con una vita che poteva essere “normale” divisa tra le missioni che ti svuotano, e la famiglia che ti custodisce e dalla quale tornare come per rinchiudersi in un guscio perfetto e protettivo. Poi però il destino decide di strapparti tutto facendo della tua famiglia scempio, al posto tuo. All’ispettore Boris tra le dita non rimarrà che polvere, e ci vorranno giorni per rimettere insieme i pezzi, quei piccoli pezzi di vita saltati in aria per colpa di una mano invisibile. Ci vorranno mesi per ritornare alla vita senza senza più sentire l’assordante fischio di una sirena dopo l’esplosione, e la puzza e il fumo e il nulla. Disfatto e ancora vivo, purtroppo o per fortuna, l’ispettore Boris Lorenzi si troverà a dover tornare tra i vivi, passando per i morti.
Sullo sfondo una Napoli bene che bene non è, che bene non ha. Ci sono solo circoli di ricchi e vizi, e tappeti preziosi sotto i quali infilare la colpa e lo sporco di anime sporche. Ritornare alla verità sarà cercarsi, nella salvifica analisi di una verità confusa tra l’imperterrita nebbia dell’inverno e i palazzoni di una periferia sconfitta.
Gianluca, si dice che uno scrittore può scrivere solo di ciò che sa. Com’è per te?
Alla fine è così, si può scrivere solo quando si ha qualcosa da raccontare di vissuto. Certo la fantasia può fare tanto, però…
Come mai il genere noir?
Io scrivo tutto in nero. Credo sia la scrittura più realistica che possa esserci, forse meno commerciale, ma è il tipo di scrittura che riesce a lasciarmi qualcosa.
Qual è il tuo rapporto con la scrittura?
La scrittura in questo ultimo anno mi ha insegnato tante cose, ad osservare di più per esempio. Prima ero più superficiale, mentre oggi sono più attento alle persone, alle loro abitudini, alle loro manie… Sono attento a ciò che mi circonda. Alla fine la scrittura è sempre una sfida, ti mette sempre alla prova. E non ti senti mai arrivato.
E dopo un premio così importante?
Quello è stato un grande riconoscimento, un attestato di stima non da niente per uno che scrive e che vorrebbe scrivere per mestiere. Alla fine è un punto di partenza. Ti dicono “ok, lo sai fare, potresti farlo. Ora sta a te coltivare. Continuare”.
E speriamo di vederla proseguire, questa storia, così come altre mille storie scritte da questa mano di scrittore fortissima.