Come una storia d’amore, di Nadia Terranova
Come una storia d’amore, il romanzo di Nadia Terranova uscito per Perrone editore, è un canto alla città di Roma, alla sua eternità. Un canto di voci legate e slegate, inaspettate. Un canto di chi viene da fuori e non s’amalgama, un canto di chi viene da dentro ma fatica a farsi accettare e non s’amalgama comunque. Un canto di tenerezza, di tremolio dell’amore che non può cambiare le cose ma ci prova ostinatamente.
Quante voci e forse tutte concentrate in una vibrazione sola, quella della parola bella di Nadia Terranova, della sua cura nello scegliere un suono che sia evocazione, che porti tra le strade di Roma perché chi legge possa sentire il rumore dei passi, l’odore della storia che vive ancora tra le vite che passano.
Così si sfiorano i due malinconici vecchietti che percorrono la vita e la dimenticanza, la malattia e la paura quotidiana della città che cambia, che diventa nemica, che può sopraffarti; che accolgono la diversità perché ancora in loro resiste un briciolo di umanità.
E poi si scivola tra le sorelle che si aggrappano alle colonne scheggiate che combattono la storia, si perdono in un tram che non si smarrisce mai abbastanza, come vorrebbero loro, per non sentire lo strazio dell’amore di genitori che si urlano addosso lo sfinimento dell’amore.
Ci sono altre storie, tante storie che passano tra gli occhi di chi legge insieme a quella luce che si lascia amare e che sa essere “stronza”, perché “luce disperata che tiene in ostaggio le persone per un momento, quindi per sempre”.
C’è l’intenzione di essere felici ritagliandosi attimi di normalità tra le vite degli altri, in cui si passa con il timore, e forse anche la speranza, che non s’accorgano di te. Quanta verità dietro le parole, quanto c’è di noi in questo altrove che appartiene a tutti, questo scorrere di vite, come guardare l’acqua di un lago che in superficie, immobile, nasconde il tumulto nel suo spazio più profondo.