Cosa fare delle nostre ferite?, di Michela Marzano
Pubblicato dalle edizioni Erikson per la collana “I Mattoncini”, il libro “Cosa fare delle nostre ferite?” di Michela Marzano incomincia a portarci nel vivo dell’argomento suggerito già dal titolo, lasciando intendere che ci parlerà di noi pur non conoscendoci affatto.
Grazie ad uno stile di scrittura semplice e decisamente fresco, l’autrice prova a rispondere a questa domanda che, per forza di cose, riguarda un po’ tutti. Tutti, del resto, per via della nostra storia e delle nostre esperienze, ci portiamo dentro delle ferite, di quelle che non guariscono ma che nonostante questo continuano ad accompagnarci per tutto il corso della nostra esistenza. Spesso queste ferite dobbiamo imparare a conoscerle a fondo per far sì che non ci condizionino amaramente nei nostri passi e nelle nostre scelte. Michela Marzano prova a fare chiarezza sull’argomento sin dalle prime pagine, condividendosi e mettendosi a nudo di fronte al lettore, provando a descrivere quella che è la sua storia:
Se dovessi “riassumere” la mia vita in una frase, per lo meno così come è stata fino a una ventina d’anni fa, direi che si è trattato della storia di una “riuscita”. Ero riuscita in “tutto”. Per lo meno da un punto di vista sociale… ero stata la “prima della classe”. L’orgoglio dei miei genitori e dei miei insegnanti. Ero stata accolta alla Normale di Pisa. Avevo portato brillantemente a compimento il mio percorso universitario. Ero stata “programmata” per diventare un “animale da concorso” ed ero riuscita a diventarlo… Poi, in modo inaspettato (per tutti: genitori, insegnanti, amici, me stessa), si verificò la caduta… la disperazione… la traversata dell’inferno… La prova vivente di quel che un giorno aveva detto Georges Canguilhem sottolineando che nella vita, sovente, “le riuscite sono fallimenti ritardati”. Senza alcuna ragione apparente, dall’oggi al domani, ero “caduta” nell’incubo dell’anoressia.
Questo svelarsi dell’autrice è l’inizio di un percorso ampio, che parte dall’esperienza di sé per approdare alla società odierna, che ingloba le nostre storie di vita. Il linguaggio utilizzato per descrivere la malattia, quella che per un periodo coincide con la sua più profonda intimità, non lascia scampo a frasi d’effetto o sentimentalismi ma si limita ad essere descrizione di uno stato di cose vissute, di una dichiarazione di un fallimento che sa di vittoria con se stessi. “Cosa fare delle nostre ferite?” è una vivisezione dei nostri mali che invita a riflettere su più domande e più temi: la visione dell’autrice, direttrice del dipartimento di scienze sociali e ordinario di filosofia morale presso la Sorbona di Parigi, è un interessante viaggio nelle possibilità di comprensione di tutti quei meccanismi che, insiti all’interno della società in cui viviamo oggi, ci portano alla sofferenza, uno scampolo di luce nell’ombra che permette di comprendere quanto le nostre comuni lacerazioni interne ci rendano tutti più umani di quel che crediamo.