Dalla parte opposta, di Valerio Vigliaturo
Leggo e scrivo tanto, per cui mi piace affrontare le più svariate esperienze, scoprire (o riscoprire) stili di scrittura, modi di pensare, trame e sviluppi.
In tutte le situazioni in cui mi catapulto, però, cerco sempre lo “zoccolo duro”, quel qualcosa che mi lasci dentro un senso, una sorta di soddisfazione.
Ho appena finito Dalla parte opposta, di Valerio Vigliaturo.
Vigliaturo è cantante jazz, scrittore, giornalista e operatore culturale, a me noto perché dirige il Premio InediTO – Colline di Torino, un interessante concorso per inediti che non di rado sforna testi di un certo interesse, che magari non piaceranno a tantissimi ma indubbiamente sono permeati di una certa originalità.
Il libro, definito romanzo ma che per me è piuttosto un saggio di opinioni sulla società attuale, narra le vicende di un uomo che dovrebbe dichiaratamente essere antipatico a molti, simpatico a pochi ma buoni. Quest’uomo è sempre alla ricerca di conferme, si dibatte tra esperienze diverse, anche estreme, che lo coinvolgono come valanghe rumorose che dopo qualche minuto non lasciano traccia sonora. Così, vengono di volta in volta tirati in ballo gli interessi per le nuove tecnologie, le religioni, ma anche la ricerca della trasgressione con le droghe e il sesso.
A un uomo così, cosa potrebbe giovare di più che cambiar vita, abbandonando il proprio corpo per smaterializzarsi in una macchina o in un robot, come gli consente il progetto Global Future 2045?
Mi aspettavo (e ho trovato) un testo multistrato, con una scrittura di primo livello infarcita qua e là da una metascrittura fatta di passaggi simil post dei social più popolari e cascate di versi piuttosto interessanti. Il protagonista continua nella sua ricerca di chissà quale verità, in bilico tra il piacere fisico e mentale, una crescente ossessione soprattutto per il sesso, pur lasciando trasparire spesso una grande umanità di fondo. Sotto questo aspetto, lo ammetto, non riesco affatto a trovarlo antipatico come invece dovrebbe essere a dar retta alla quarta di copertina.
Lo trovo un tipo problematico. Mi ci identifico, senza dubbio, specialmente nei passaggi finali:
…Noi non siamo più quelli di una volta. Abbiamo errato seguendo strade opposte, parallele, che adesso si rincontrano inavvertitamente. Davanti a quel portone. Io ho attraversato i continenti, le città, le culture, le persone. Ho appreso, recepito, assimilato. Tu hai percorso le pianure, ecc. Hai ancora quell’ansia cronica di affrontare i rapporti per quello che può avvenire. Anche io, sai, ho questo timore ogni volta che affronto un nuovo rapporto, una nuova esperienza. E ho una paura fottuta di innamorarmi di nuovo di te e rimanerne scottato, così come ho una voglia implacabile di riaverti…
Però (perché c’è un però) non posso dirmi soddisfatto.
A parer mio il punto debole del testo è la trama.
Striminzita, per quanto ambiziosa nell’impulso. Una storia deve essere una storia, condurre per mano, trasportarti. Con una storia forte, non ne ho dubbio, avrebbero potuto essere più digeribili alcune fitte digressioni di cui sembra quasi perdersi il controllo. Ho trovato, inoltre, piuttosto insistito e fuori luogo il continuo riferimento al sesso, l’esplicito linguaggio che però non trova un corrispettivo di durezza nella narrazione. Non basta essere scurrile per descrivere una situazione degradata e degradante, o delle perversioni. Si può turbare l’animo del lettore anche senza usare una sola parolaccia. Semplicemente con la giusta tensione, col giusto ritmo nella scrittura, nei concetti, nel gusto della parola.
Il tutto potrebbe andar bene, intendiamoci, a patto di essere, che so… Houellebecq. Ma non ho trovato, tra le pagine che ho letto, l’intensità intellettuale psicotica del francese (né mi aspettavo di trovarla, probabilmente).
L’autore, senza dubbio, sfoggia una grande versatilità culturale, ma secondo me non è riuscito in pieno a maneggiarla con sapienza per rendere al meglio le proprie intenzioni. L’ho trovato più gradevole nei versi piuttosto che nella prosa.
Il mondo della scrittura è bellissimo, perché vario, pazzo e incontenibile. Ma anche il mondo dei lettori è difficilmente catalogabile.
Per riuscire a colpire il lettore occorre perciò toccare i punti giusti, fargli assaporare le emozioni che egli si aspetta. Non è detto che un libro debba piacere a tutti, così come non è detto che un appassionato di pochi generi non possa gradire un libro differente da ciò che gli piace leggere di solito.
Può darsi semplicemente che io sia il lettore sbagliato, per questo libro.
Spero che ad altri piaccia più di quanto abbia fatto con me.