Dall’inferno si ritorna, di Christiana Ruggeri
Bibi ha cinque anni, è una bambina ruandese di etnia Tutsi. Spensierata e vivace, Bibi vive a Kigali, in uno Stato ricco di bellezze naturali, con la serenità che la sua famiglia riesce a darle e con l’allegria tipica di un paese africano in tempi di pace.
Ma un giorno Dio se ne va dal Ruanda. E tutto cambia.
A partire dal 7 aprile 1994 in quel meraviglioso paese si registrano un milione di persone assassinate in 101 giorni. Le città distrutte. Le acque dei fiumi e dei laghi colorate di rosso per via del sangue che vi scorre.
Dall’inferno si ritorna (Giunti editore), di Christiana Ruggeri, raccolta questo: l’ultimo genocidio del XX secolo visto attraverso gli occhi di una bambina. La prospettiva è dal basso, per cui si riesce a sentire l’odore della terra camminando tra le pagine del libro. Ad ogni nuovo personaggio incontrato, d’istinto alzi la testa perché è più grande di te, lo guardi e cerchi di capirne i pensieri, perché la sua logica è diversa dalla tua. Ogni persona può essere il salvatore a cui aggrapparti o il nemico da cui fuggire.
La protagonista è una sopravvissuta al massacro degli Hutu contro i Tutsi e gli Hutu moderati. Oggi questa bambina vive a Roma e la sua storia, vera, suscita in modo semplice nel lettore una riflessione sull’origine del male e sull’efficacia del bene.
La sua esperienza rivela che il male non consiste nell’assenza del bene, ma è qualcosa di più. Né tantomeno il bene consiste nell’assenza del suo contrario. Infatti entrambi, male e bene, sono frutto di azioni precise, la cui potenza determina l’intensità dell’effetto. Lungo il racconto si coglie la capacità devastante del male, ossia quanto la crudeltà umana riesca ad annientare una vita. Al termine della lettura sorge però una domanda non scontata: così come il male ha effetti devastanti su un’esistenza umana, è possibile anche che le azioni del bene abbiano un potere altrettanto deflagrante, capace di far rifiorire una vita?