Del Leone d’oro e d’altro ancora: intervista a Wilbur Smith
Con oltre 100 milioni di copie vendute nel mondo, Wilbur Smith è un nome che ormai non ha più bisogno di presentazioni. In occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo per Longanesi, Il leone d’oro, Gabriele Scandolaro ha intervistato per voi il grande autore.
Iniziamo subito a parlare de Il leone d’oro. Nel suo romanzo ci sono due eroi principali, un uomo e una donna guerriera. Lei pensa che il mondo abbia bisogno di eroi?
Il mondo ha sempre bisogno di eroi. Ci sono eroi in ogni dove, dal calcio al cricket, in campo sportivo e culturale. Sono modelli di vita per noi, persone a cui ci ispiriamo per migliorarci, persone in grado di compiere grandi gesta, di renderci migliori.
Oltre a loro ci sono numerosi altri personaggi. Ce n’è uno in particolare a cui è particolarmente legato?
Sicuramente il protagonista, l’eroe. È un po’ il mio riflesso, per questo faccio di tutto per metterlo in condizione di uscire incolume dalle situazioni più rischiose o pericolose.
Judith è un’eroina femminile molto particolare e decisa, piena di coraggio. Quali sono le caratteristiche che ritiene necessarie per descrivere un personaggio femminile?
Innanzitutto il coraggio, come ha ben detto. Le donne sono coraggiose e forti e grazie a queste due virtù sono fonte di ispirazione per l’uomo. Ho sempre ammirato le donne che svolgono la funzione di eroe non solo nella finzione letteraria ma anche nella vita reale.
Il suo romanzo è parte di una saga e oggi sono in molti a scriverne. Cosa pensa di questa nuova moda?
Il mio libro è una saga ma ogni libro che scrivo, pur rifacendosi a un capitolo precedente, può essere tranquillamente letto come un libro a se stante. Le saghe sono lunghe e difficili e spesso non incontrano il favore del pubblico perché, oltre ai numerosi libri che occorre comprare per avere la storia completa, se uno dovesse saltare un episodio rischia di non capire nulla. Io preferisco fare in modo che nei miei libri ci sia molta autonomia, così se una persona non ha mai letto Wilbur Smith può comprare uno qualsiasi dei miei libri, leggerlo tranquillamente e decidere se vale o no la pena di continuare.
Sono rimasto molto affascinato dalla descrizione che fa dell’Etiopia e volevo sapere se l’aveva visitata di persona e se davvero in Etiopia esiste una leggenda che parla del Graal.
Sono stato in tutta l’Africa, l’ho girata in lungo e in largo e sì, sono stato anche in Etiopia. Ho anche letto tutti i romanzo di esploratori europei che hanno visitato le varie terre d’Africa, le loro impressioni e le loro annotazioni. Mi affascinava vedere come la loro mente funzionava, cosa pensavano e cosa credevano. Come lei ben saprà un tempo vi era l’idea che la terra fosse piatta e quindi che se ci si avventurasse troppo oltre certe terre e oltre certi mari si potesse cadere giù, nel vuoto cosmico. Anche andare oltre lo stretto di Gibilterra rappresentava un rischio e un pericolo per loro. Vi era anche la credenza che la luna e il sole fossero la stessa cosa, quindi che quando calava la sera il sole si “spegnesse” e che quello che risultava era la luna. Quanto alla sua domanda sul Graal… be’, tutti siamo affascinati dal Graal. È il simbolo del cristianesimo per eccellenza e l’Etiopia, come L’Egitto, sono stati i primi due paesi a vedere la nascita del Cristianesimo e la sua diffusione, quindi ho ritenuto importante ambientare qui la storia.
Pensa che mettere così tanto di sé nei suoi libri l’abbia aiutata a raggiungere i favori del suo pubblico?
Penso di sì, perché i miei primi tentativi letterari seri e le prime storie che ho scritto piacquero molto tanto da essere pubblicate in alcune riviste. Incoraggiato dal successo ho provato a scrivere un romanzo ma, come ho detto prima, non è andata bene. In effetti rileggendolo ora mi rendo conto io per primo che era abbastanza pessimo, per non dire terribile. Mescolavo il passato con il presente personaggi. Il fatto di essermi lasciato incoraggiare dal mio successo iniziale mi aveva esaltato non poco. Pensai che sarei diventato famoso e quando ben trenta editori rifiutarono il mio scritto rimasi molto deluso. Cambiai tattica e decisi di non scrivere in prima persona ma di inserire molto di me nel protagonista ed è così che è nato Il Destino del Leone.
Il livello emotivo nel vedere pubblicati i suoi romanzi è cambiato rispetto ai suoi esordi?
Scrivere è per me un’arte, è qualcosa che mi affascina da sempre. Raccontare storie è parte della mia natura ed è sempre un’emozione per me quando viene pubblicato un mio libro.
Dove trova l’ispirazione?
Non so dove trovo l’ispirazione. Forse quando ero piccolo mia madre mi ha fatto cadere e ho battuto la testa e da allora ho il bernoccolo dello scrittore. Mia moglie, che mi corregge sempre, ritiene che io sia semplicemente un genio. Non lo so proprio come trovo l’ispirazione anche se leggo molto, praticamente tutto quello che ho in mano. Anche mia moglie è una grande lettrice e quello che legge me lo passa ben volentieri.
Cosa prova uno scrittore quando vede i propri personaggi trovare vita sullo schermo?
Credo che ogni scrittore debba tapparsi gli occhi e correre il più lontano possibile da dove stanno proiettando il film. Non mi è ancora capitato di vedere un libro migliorare dopo aver conosciuto una trasposizione cinematografica. Come lei sa, molti miei libri sono diventati film e mi è capitato di trovarmi sul set dove sembrava che nessuno avesse mai letto la storia originale, ma si basavano solo sul copione. La cosa incredibile era che io stesso, che sono l’autore, ero totalmente superfluo in quello che succedeva.
Con quale personaggio o autore del passato le piacerebbe cenare?
Domanda interessante… penso con Alexandre Dumas. Mia moglie ha suggerito Churchill, ma lui non stava simpatico a tutti. Sì, penso che Dumas sia una buona scelta.
Salutiamo così Wilbur Smith, con l’immagine di lui e Dumas a cena insieme. Voi chi avreste scelto?