Delitto al conservatorio, di Franco Pulcini
Sono in molti a sostenere, nel mondo della scrittura, che scrivere su cose che si conoscono aiuta a essere più convincenti, più precisi, più disinvolti.
Certo, non è detto che sia sempre così ma, in molte circostanze, è proprio così. È il caso di Franco Pulcini, e del suo Delitto al Conservatorio (Marcos y Marcos).
Pulcini, per chi non lo sapesse, è stato fin da piccino appassionato di musica, diventando musicologo di fama internazionale e insegnando per quarant’anni musica al Conservatorio di Milano, ed è attualmente direttore editoriale della Scala.
Ora, mettiamo da parte per un attimo autore e titolo del libro, e concentriamoci sulla trama: un intreccio e una serie di fatti che, inevitabilmente ma non di certo in modo scontato, hanno come unico filo conduttore la musica. Quella colta, quella dei bambini prodigio, quella di esistenze votate a un talento che funge da diserbante sulle altre “normalità” della vita di un bambino.
Il Piano World Cup – Prodigy Child è un prestigioso concorso pianistico in corso di svolgimento al Conservatorio di Milano. Un celebre maestro di pianoforte, Richard Hadowitz, viene trovato morto nel suo studio. A causare il decesso, per avvelenamento, è stato un black mamba, temibilissimo serpente. La morte di Hadowitz causa un putiferio nell’ambito della rassegna e tocca ad Abdul Calì — pragmatico commissario di origini nordafricane ma trapiantato a Milano alla squadra omicidi — di risolvere il caso.
Le indagini, però, si rivelano complesse e ingarbugliate, un autentico viaggio in quel che c’è ma non si vede e si vede ma non c’è. E così, grazie al valido aiuto dei due simpatici assistenti Sciuto e Martino, penetra in un mondo che conosceva solo di facciata, grazie al fatto che sua moglie Viola è una valente pianista.
Interrogando sponsor, maestri boriosi ma pieni di difetti, tentando di superare le inevitabili barriere psicologiche che i bambini prodigio tentano di erigere contro il mondo esterno per auto proteggersi, Calì comprende che la ricerca della verità sul delitto lo sta conducendo a scoprire altre cose, non meno importanti, e non meno fastidiose. Le indagini sfociano nel mondo della prostituzione, in un contesto pericoloso e difficile da superare.
Parallelamente, Calì riesce a conquistare la fiducia di Ming-li, la simpatica cinese che fa impazzire le suore che la ospitano, oppure del timido Mitja, protagonista di una storia sfortunata dove l’unica cosa che conta, per chi gli sta alle spalle, è il successo e i guadagni che da lui potrebbero derivare.
Il romanzo ci trasporta in una agevole e rilassata lettura per circa quattrocento pagine, cullandoci in una simpatica ironia – che oggigiorno è sempre un gradevole ingrediente dei gialli nostrani – facendoci conoscere il simpatico rapporto tra Calì e sua moglie, la bizzarra battaglia a distanza con sua suocera, il disperato bisogno dei bambini di essere normali, il comportamento a dir poco esecrabile di genitori senza scrupoli, di individui avidi e profittatori e di personaggi che si rivelano migliori di quel che appaiano in un primo tempo. Non mancano, per condire il giallo del giusto mordente, anche cupe faccende d’onore.
Delitto al conservatorio non è un giallo classico, o meglio non è solo un giallo. Leggetelo anche solo per qualche ora di divagazione dai problemi di tutti i giorni.
Di sicuro, male non farà.
Su MeLoLeggo.it anche l’intervista all’autore a cura di Diego Alligatore, qui.