Disturbi di luminosità, di Ilaria Palomba
Essere violati dentro significa perdere quell’integrità, non solo fisica, che ci rende “normali”. Essere violati dentro, di per sé, è la cosa più terrificante che possa vivere un essere umano, specie se in giovane età.
La protagonista di Disturbi di luminosità, in effetti, ha vissuto proprio questo.
Subìto uno stupro in giovanissima età, porta con sé le macerie di questo squarcio, condizionando sé stessa e i suoi rapporti col mondo che la circonda.
La narrazione, per quanto ricercata nello stile, appare chiara in quel flusso di coscienza che rende il testo duro, realistico, toccante.
La giovane soffre di un disturbo borderline di personalità, vive la vita alla continua ricerca dell’eccesso, senza limiti perché non vede in nessun luogo il proprio lido di salvezza. Ne parla con l’Oracolo – lo psicoterapeuta.
… l’abbandono è il tuo bersaglio, la ferita è non essere, dice l’Oracolo. I tagli, gli abusi di sostanze, le relazioni tormentate, i tentativi di suicidio, dipendono da quella cosa successa a dodici anni. Non è tanto il fatto che ti abbia presa con la forza, quanto l’abbandono. Il giorno dopo faceva lo stesso con un’altra, dice l’Oracolo. E quest’essenza mi è rimasta addosso. Questo vuoto. Questo senso di inutilità. Questo non valere nulla. Questa inconsistenza. Cercavo di riempire i vuoti con i corpi, le sostanze, il cibo e il sangue. Cercavo di riempirli con Lei che era il mio opposto. Con Lei che sempre mi vinceva. Con Lei che decideva di me ogni atomo, ma niente…
Ma non solo. La giovane ha anche un’amica, un’amica immaginaria – Lei, appunto – e un uomo – Lui – che prova a essere il suo riferimento positivo. Ma come una tara che ci si porta dietro quando si commettono gravi errori, esiste anche un uomo sbagliato, simbolo di tutti gli errori commessi e subiti – Narciso.
Lo stupro ritorna sempre, nella mente e nei discorsi della giovane, rivelandosi più ferita astratta e interiore che fisica, più un dolore psichico che una mera circostanza sessuale. Una ferita che ha inaridito il terreno che avrebbe potuto essere fertile,
… non è mica facile stare con te. E tu hai avuto paura di essere solo una terra di passaggio in cui ciascuno semina fiori che nessuno raccoglie…
una ferita che ne ha fatto una persona difficile, insaziabile perché si ritrova a voler tutto, a dare tutto, a prendere tutto, senza però riuscire a godere in pieno della propria vita, delle proprie pulsioni.
Questo è Disturbi di luminosità di Ilaria Palomba (Alberto Gaffi editore), un romanzo su tutto e il contrario di tutto.
…infanzia retroattiva, precipitosamente, l’idea della morte mi sbatte in faccia con il fervore di un’aquila, mi becca la pelle, gli occhi, le pupille. La morte non esiste. La morte esiste. La morte è un passaggio. La morte è la fine. La morte sono io e sei tu che mi leggi. Tutto l’amore si trasforma in morte. E non c’è verso di tornare, se non cambiando corpo…
Ilaria Palomba scrive in modo interessante. Ha uno stile pieno di figure, denso e compatto, ma anche scarno e pungente.
La sua è una poesia dura, a volte scheletrita e deturpata di quella musicalità che rende dolci, forse proprio perché non si può davvero parlare di dolcezza, in questa storia, se non come ultima ambizione mai raggiunta.
C’è amore e delusione, rabbia e tenerezza, un filo continuo che lega le vicende, e che parla di amore, di un amore cercato ma lontano, troppo difficile da raggiungere.
Un libro certo non facile, da capire con calma, con apertura.
Un libro vero, una voce autentica, per molti ma – forse – non per tutti.