Elevation, di Stephen King
« Finché Scott non si era reso conto di quella cosa dei vestiti. Una faccenda che non si trovava su nessun sito web, medico o no. E che sicuramente non aveva niente a che fare con il diabete.»
A Scott Carey sta succedendo qualcosa di strano. Qualcosa che qualcuno potrebbe pensare essere una fortuna. Continua a dimagrire, o meglio, piano piano comincia a pesare sempre meno. La gravità ha meno effetto su di lui che su qualunque altra persona e questo processo è in continua accelerazione.
Fisicamente non cambia di una virgola: rimane un uomo grande e grosso, con i suoi chili di troppo che si vedono, ma la bilancia non li percepisce.
La narrazione comincia con Scott che si dirige a casa del suo vecchio amico Bob, un medico in pensione, che non può far altro che constatare questo straordinario fenomeno fisico e che, su richiesta di Scott, giura di non dire nulla alle autorità scientifiche.
Malgrado la preoccupazione, Scott è all’improvviso felice, come non lo era da quando sua moglie se ne era andata lasciandolo solo con il gatto Bill D. Cat in una casa enorme in una pittoresca cittadina del Maine.
È proprio Castle rock (che i lettori più attenti e fedeli di Stephen King riconosceranno subito come la cittadina fittizia in cui sono ambientate moltissime delle storie dell’autore) a dare a Scott l’input per cercare di rimettere le cose in ordine prima che il giorno zero, il giorno in cui non peserà più niente, arrivi a sconvolgergli la vita.
Un racconto filosofico di grande spessore morale, lontano dall’ambito horror in cui per troppo tempo e ingiustamente è stata relegata la figura di Stephen King. L’inquietudine è sottile e si mantiene latente lungo tutto il romanzo, nella costante conta dei giorni che diventano sempre meno in un’accelerazione continua, inspiegabile e piena di interrogativi su ciò che succederà al raggiungimento del peso zero.
La veste grafica di Sperling & Kupfer è accattivante e molto ben adattata, con illustrazioni all’inizio di ogni capitolo e una delle migliori copertine del 2019. Malgrado certe ripetizioni, una lunghezza ridotta e alcuni commenti politici espressi qua e là nella narrazione, in questo romanzo si riscontrano una rara dolcezza e delicatezza nella trattazione del tema dell’ignoto. Il modo disinteressato e “sollevato” con cui Scott va incontro al suo futuro può essere solo d’insegnamento per il lettore.
È soprattutto un racconto sull’amicizia e sui pregiudizi nelle piccole comunità, sulla redenzione di un rapporto, che è quasi sempre possibile.
Il finale, aperto e volutamente onirico, è un’esplosione di fuochi d’artificio che ti lascia con il sorriso sulle labbra e una parte della strana, inspiegabile, felicità di Scott.
« Le lancette dell’orologio, i numeri sulla bilancia non erano solo dei modi per tentare di misurare forze invisibili che sortivano effetti visibili? Un debole sforzo per ingabbiare una realtà più grande, che andava oltre ciò che gli umani consideravano realtà? »