Elisabetta. Per sempre regina, di Antonio Caprarica
Il 21 aprile del 1926 non fu una data qualunque per il quartiere londinese di Mayfair.
In quella notte nacque infatti la primogenita di colui che sarebbe divenuto re Giorgio VI all’abdicazione di Edoardo VIII, rinunciatario al trono che lasciò la corona per sposare l’amata Wallis Simpson. La neonata, ovvero Elizabeth Alexandra Mary, o Lilibet, come sceglierà in seguito di farsi chiamare la piccola figlia dei duchi di York, sarebbe diventata la più longeva tra i sovrani, la figura più universalmente riconoessciuta, la più iconica delle regine.
A 96 anni, poco dopo i festeggiamenti per il Giubileo di platino, Elizabetta batte ogni record: il suo è il regno tra i più lunghi al mondo, secondo soltanto a quello di Luigi XIV (che però salì al trono a 5 anni).
Con Elisabetta. Per sempre regina (Sperling & Kupfer) ci troviamo di fronte a un lungo racconto in cui la favola si confonde spesso con accadimenti non sempre facili da comprendere e che è il giornalista Antonio Caprarica ad aiutarci a decifrare.
Tra i più grandi conoscitori della corona inglese, Caprarica ripercorre tutta la vita di Elisabetta ricordando sempre che “ciò che è accaduto e continua ad accadere è solo parzialmente sotto i nostri occhi” perché “la parte più intrigante sta dietro la scena”. Una scena dietro alla quale è difficile sbirciare quando si tratta di una vita costantemente illuminata dai riflettori come quella che diventò la sua dal giorno in cui dovette prendere quel volo da Nairobi per tornare nel proprio paese e che segnò un confine netto tra il prima e il dopo: tra la vita spensierata che era stata quella di una ragazza e quella costellata di responsabilità di una regina.
Quando Elisabetta scese lungo la scaletta di quell’aereo con il consorte Filippo due passi dietro di lei, sapeva perfettamente che il giuramento di fronte al suo popolo, “Servirò il mio Paese fino all’ultimo respiro”, sarebbe stato un voto per sempre.
Insieme a Caprarica, primo giornalista salentino invitato a sedere al tavolo di Sua Maestà, percorriamo in queste pagine i giorni del mito, ricercando la verità che si cela dietro a quella maschera mai scivolatale dal volto. Una maschera che dopotutto, come già scriveva il Times, è sempre stata ben accetta perché Elisabetta ha sempre saputo di avere il dovere di rappresentare non sé stessa ma tutto il suo popolo. Come scriveva il filosofo Roger Scruton, per gli inglesi «il monarca è sacro e misterioso, ma sanno che la sacralità e il mistero sono attaccati a una maschera, dietro la quale un altro inglese ordinario e riservato si è ritirato».
Con Caprarica andremo un po’ oltre, scoprendo di lei e dell’universo che le ruota intorno. Sapremo della sveglia regolare alle 7:30, della colazione sul vassoio d’argento, del toast bianco e dei biscotti d’avena, della marmellata sul pane e del programma Today alla radio. Sapremo anche della borsetta con dentro il rossetto e le foto dei propri cari, dell’amore illimitato per i cavalli e per i suoi cani, per la sua terra, per le abitudini che non ha mai cercato di cambiare nonostante il susseguirsi degli anni, e della sua proverbiale parsimonia, per qualcuni addirittura eccessiva, giustificata però dall’essersi formata in un momento della vita in cui lo spirito nazionale non era dei più lievi, e in cui Resistere significava vivere come vive il regno, sentire ciò che sente il regno.
Elisabetta non si è mai mostrata lontana dai suoi sudditi, fisicamente e moralmente. Dopo settant’anni di regno tra lutti, partenze dolorose, decisioni difficili e una popolarità rimasta intatta, rimaniamo di fronte a un futuro da immaginare e a un presente che ci spinge ancora a domandarci se Sua Maestà «si è sentita felice, se ha mai avvertito il morso della colpa, se avvicinandosi alla fine della corsa è soddisfatta della sua fatica».
Domande che forse non avranno mai risposta, e in fondo forse è giusto che sia così, perché se c’è qualcosa da preservare è proprio quella parte di umanità che una regina tante volte è costretta a nascondere per sopravvivere.