Feel Good, di Thomas Gunzig
Thomas Gunzig è uno scrittore belga che vive a Parigi da un sacco di tempo. E in questo sacco di tempo si è fatto conoscere per una scrittura particolare, per un cinismo spietato nel ritagliare pezzi di realtà, vite normali con la normale influenza delle situazioni in teoria più strampalate, ma anche per la profonda umanità che non viene mai del tutto occultata dall’apparente freddezza di analisi.
Feel Good è l’ultima sua fatica, un libro uscito in Italia per Marcos y Marcos (con traduzione di Francesco Bruno) e subito apprezzato, dopo aver letteralmente conquistato la Francia. Tra l’altro, lo scrittore probabilmente riceverà altri premi oltre quelli che ha già conquistato nella sua carriera.
La storia? Ricca di situazioni realistiche, costruite e liberamente discendenti dalla costruzione della trama.
Una trama non scontata, a volte addirittura ridondante nell’intreccio ma senza dubbio gradevole e credibile. Certo, trovare certi percorsi ingarbugliati non è immediato, nella vita comune. Ma le vite di Alice e Tom sono gli esempi di chi è costretto a fare i conti prima coi propri limiti, per poi capire che molti limiti non sono personali ma imposti da altri, in un mondo in cui se sei pesciolino devi guardarti dai pesci più grossi e spesso i danni più grandi su di noi siamo proprio noi a causarli.
Alice, per esempio, è una ragazza madre che si trova a perdere il lavoro ed è ridotta alla disperazione perché non sa più come mantenere sé stessa e il suo bambino Achille. Per questo, decide di rapire una bambina con l’intenzione di chiedere un riscatto. In questa occasione, conosce Tom, scrittore mai esploso per davvero e dalla vita sentimentale vuota dopo un matrimonio appena fallito. Tom, dal canto suo, sta cominciando a maturare l’idea che forse non ce la farà mai ad affermarsi e ogni sua opera sarà relegata tra le “dimenticabili”. Proprio come Alice, anche se all’apparenza i due potrebbero essere collocati agli antipodi. Lo squallore delle loro vite è il punto di incontro e, superata la prima diffidenza, diventa il collante tra i due.
Il libro esibisce una sequenza di situazioni in cui, sinceramente, non mi vorrei mai trovare. Eppure, proprio grazie a una buona dose di autobiografismo, Gunzig rende credibili le cose tanto che in alcune mi ci sono riconosciuto pure io.
Eppure, dicevo prima, Gunzig non è un cinico o almeno non lo è fino in fondo.
Un romanzo è un’idea ma anche un messaggio da scovare. Pensandoci bene, è scritto già nel titolo. E non fatevi fuorviare dalle sensazioni e dai giudizi troppo facili. Dietro certi aspetti che potrebbero non apparire troppo originali, invero, si nasconde una lucida analisi della società, senza però cedere troppo presto allo sconforto. Anzi, i protagonisti questo insegnano: a non credere di essere andati a fondo se prima non lo si tocca davvero coi piedi, e che ognuno di noi dovrebbe ricordare al momento giusto quei pochi movimenti che da piccoli aiutavano a rimanere a galla anche nel mare in tempesta. Ecco, per me, questo è Feel Good.