La frattura, di Darko Tuševljaković
Quante fratture può contenere una vita?
Ne La frattura (Voland editore), Darko Tuševljaković ne descrive non una ma tante. Tante fratture che riportano a livelli diversi di distanza e che descrivono una società che di per sé risulta spezzata e ridotta in frammenti che diventano tante parti diverse dell’anima.
In poco più di 200 pagine, ecco allora che si presentano una frattura tra un padre e un figlio, tra due amici, tra una moglie e un marito, ma anche fratture che vanno ad incidere sullo spirito di un uomo, sul corpo di una giovane ragazza, su affetti che finiscono perché non all’altezza di un ideale, e su nazioni che non si trovano e non si comprendono. Le fratture sono dolori, desideri di un’identità e di una vita migliore che si infrangono nell’incomprensione e nella rassegnazione di fronte a fatti della vita davanti ai quali ci si sente impotenti e che si fa fatica ad accettare.
Questo è un modo di leggere la storia.
Un altro è quello di seguirne i fatti: quelli che ci portano a conoscenza di Bodgan, militare ormai in pensione profondamente segnato dalla propria esperienza, e di sua moglie Radica; quelli che ci invitano a partecipare alla loro vacanza in Grecia e a conoscere un’altra coppia di serbi con un vissuto altrettanto singolare; o ancora quelli che ci immergono nella vita di Damir, il figlio di Bogdan e Radica fuggito dalla disciplina paterna in una piccola cittadina universitaria e che, travolto da una relazione intensa ma distruttiva, si troverà ai margini del proprio, personalissimo precipizio.
Tra questi due approcci, c’è un elemento che risalta tra tutti: lo stile, riportato dalla lingua serba a quella italiana dalla traduttrice Anita Vuco. Uno stile che, invece di accompagnare gradualmente nella storia, ti travolge e ti strappa dalla realtà, ti incunea tra le pagine e ti dà un posto tra le parole. Il lettore diventa spettatore privilegiato ma scomodo di situazioni che vanno a deflagrarsi una dopo l’altra in un crescere di tensione che è frutto di pura e semplice empatia verso personaggi che mostrano, senza volere, fragilità che abbiamo tutti.
Mettendo insieme tutti questi pezzettini, ricomponendo queste tante fratture, il risultato è un romanzo di grande forza che ha saputo valere all’autore, Darko Tuševljaković, il Premio dell’Unione europea per la letteratura.