Fulvio Ervas e un’altra avventura dell’ispettore Stucky
Torna, ed è un piacere per me dirlo, Stucky, l’ispettore italo-persiano ideato da Fulvio Ervas, in servizio presso la Questura di Treviso.
E siamo a otto. Otto puntate di una saga che si arricchisce di elementi umani, di nuove trame e di un sapore sempre più riconoscibile. In fondo, ogni serie letteraria/televisiva che si rispetti deve seguire giocoforza questa linea ideale, salvo poi deviare in tanti piccoli dettagli per rispetto a una doverosa originalità.
Oggi, posso dire che C’era il mare (Marcos y Marcos) è uno degli episodi meglio congegnati della serie.
Tutto parte dal ritrovamento di due cadaveri. Uno a Treviso, un giornalista di nome Canton, e l’unico indizio è un foglio bianco. L’altro corpo viene ritrovato a Marghera, e si tratta di un ex sindacalista che aiuta chi ha bisogno, i diseredati, e anche a sforzarsi non ci sarebbe nessun motivo per ucciderlo.
Cos’hanno in comune i due? All’apparenza niente, tant’è che Stucky indaga a Treviso mentre Luana Bertelli, la sua tosta collega, s’invischia nelle contraddizioni di Marghera, cercando di non affondare nel fango più di quanto non sia necessario.
Le due indagini girano a vuoto, per lungo tempo.
Banchieri, veleni, fabbriche, lotte operaie e articoli di giornale, e il mare sullo sfondo, tutto sembra essere un pezzo a parte di un puzzle ancora da ideare. Figurarsi da completare.
Ad aprire gli occhi all’ispettore e alla sua collega, ma soprattutto a convincere il commissario, interviene un terzo delitto, avvenuto a metà strada come se fosse tutto pianificato da tempo. Le cose, ora, prendono un’altra piega. Emergono collegamenti, ipotesi, e infine la strada si allarga sempre più verso la soluzione.
Di più, sulla trama, non dico.
La scrittura di Ervas diventa riconoscibile, in fondo è giusto così. Non ha picchi particolari, ma scorre sciolta anche nelle pause inevitabili di un romanzo di quasi quattrocento pagine. Ma c’è umanità, senza dubbio. Umanità e cuore, veleno e delusioni, normalità di tutti i giorni dietro un velo appena accennato di poesia, di quella umile e malinconica della nebbia del Nordest.
Un romanzo attuale, senza dubbio. E coerente con sé stesso.
Stucky appare destinato a ritagliarsi un posto d’onore nell’affollata bacheca del giallo italiano, dove si combatte a suon di delitti e di simpatica umanità. Finché c’è prosecco c’è speranza, il più noto dei romanzi polizieschi di Ervas, è intanto diventato film.
Magari, solo il primo di una serie.
Per il momento, comunque, una bella lettura a quest’ottavo episodio – e poi, perché no, anche agli altri – io non me la farei scappare.
QUI L’INTERVISTA ALL’AUTORE A CURA DI DIEGO ALLIGATORE