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I frutti dimenticati, di Cristiano Cavina

I frutti dimenticati
I frutti dimenticati

Ogni anno a Casola Valsenio viene celebrata la festa dei frutti dimenticati: prugnolo, corbezzolo, corniolo, e poi pere volpine, sorbi, giuggiole… Sono i frutti semplici della campagna di cui si cerca ancora di preservare il ricordo. E proprio il ricordo sembra essere l’ancora che, in tutto il romanzo di Cristiano Cavina, I frutti dimenticati, edito da Marcos y Marcos, mantiene l’autore e protagonista ben saldo a terra, mentre il mare della vita si fa sempre più agitato.

In questa sua opera Cavina ci apre le porte del suo mondo personale, e noi non possiamo fare altro che entrarvi per poi venirne completamente coinvolti, non senza sentirci, a volte, un po’ degli intrusi. Come nei momenti in cui lo sguardo si sposta sulla sua relazione con Anna, che finisce proprio mentre lei sta aspettando il loro bambino.

Questa è dunque la storia di un uomo che diventa padre, ma ancora di più la storia di un uomo che diventa figlio. Il fulcro della narrazione è, infatti, la comparsa di un padre fino a quel momento assente e per questo idealizzato dall’autore durante tutta l’infanzia; un padre diventato protagonista di mille imprese eroiche che manda in frantumi questa immagine perfetta presentandosi sotto le spoglie di un uomo comune e malato.

Tuttavia questo sconosciuto, da un letto d’ospedale, si trasforma nello spettatore di mille storie, quelle dell’infanzia di Cristiano. In questi punti la narrazione si fa così limpida che a volte sembra davvero di immergersi a fianco di quel piccolo palombaro alla ricerca di tesori nascosti mentre lui, attraverso il filtro dei suoi occhi di bambino, ci racconta il variegato mondo di Casola, dove l’ordinario si fa straordinario.

Forse in questo modo siamo un po’ spinti a riconsiderare la vita tranquilla dei piccoli paesi: è davvero così monotona? O magari, senza rendercene conto, anche noi siamo circondati da persone stravaganti che con le loro stramberie rendono il mondo un po’ meno noioso?

Questo libro finisce per essere una chiara affermazione del potere della memoria, capace di diventare rifugio quando le prove a cui la vita ci sottopone appaiono troppo dure, un luogo in cui trovare il coraggio per affrontarle e arma per combattere e, alla fine, vincerle.

Non è certo un caso che con questo libro Cavina sia arrivato fra i finalisti del Premio Strega 2009. È essenziale nelle descrizioni eppure ricco di episodi, è un’altalena fra i momenti dell’infanzia e della vita matura, fra le parole che scaturiscono dall’immaginazione fervida del bambino Cristiano e le amare constatazioni che derivano dalla consapevolezza disincantata dell’uomo adulto che cerca di non essere trascinato via dalla forza delle onde, riuscendo sempre a trovare un salvagente a cui aggrapparsi.

Alice Pascutti

Alice Pascutti è laureata in traduzione e amante della letteratura. Ha cominciato da bambina: a Natale preferiva ricevere libri piuttosto che giocattoli. È stata tuttavia la passione per la traduzione a renderla una lettrice onnivora e capace di sfruttare ogni momento utile per aprire un libro. Il divano di casa è certamente il suo luogo ideale, ma non trova male neanche la metropolitana… Legge e spesso rilegge alla ricerca del dettaglio più nascosto. La sua sfida quotidiana è imparare sempre qualcosa di nuovo. Per questo le piace pensare che il mondo sia come un grande libro aperto di cui, ogni giorno, possiamo leggere una pagina e magari, perché no, anche scrivere qualche riga. Cosa fa su MeLoLeggo? Condivide il suo amore per i libri con altri lettori come lei, si tuffa in storie e stili ogni volta diversi e recensisce tutto ciò che, a suo dire, merita di ricevere attenzione.

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