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Il centenario che voleva salvare il mondo, di Jonas Jonasson

Allan Karlsson è un uomo vecchio. Ha cavalcato l’intero secolo, il Novecento, vivendone i protagonisti e i momenti epocali. Il suo modo di fare, dissacrante ma senza volgarità, ha fatto infuriare Stalin che lo ha spedito in Siberia.

Il centenario che voleva salvare il mondo
Il centenario che voleva salvare il mondo

Lo ritroviamo alla soglia dei centouno anni nell’isola di Bali, in Indonesia, insieme al suo compagno di avventure Julius. Vivono in un hotel di lusso grazie a una somma di denaro importante che si sono ritrovati a gestire. Però i soldi stanno finendo, così come il tempo, che sembra attraversato da una spirale di noia ed apatia.

Quando arriva il giorno del compleanno di Allan, la storia inizia a decollare. I due compagni vengono catapultati in situazioni esilaranti e drammatiche allo stesso tempo.

Ne Il centenario che voleva salvare il mondo (La Nave di Teseo, trad. di M. Podestà Heir), la bravura dell’autore, Jonas Jonasson, sta nel saper dosare, come un alchimista esperto, la stranezza della storia principale con i protagonisti appartenenti alla storia politica contemporanea. Il lettore, attraverso le sensazioni e il modo originale di fare di Allan, viene trascinato nei meccanismi segreti del potere globale.

L’incontro con il Supremo, il dittatore della Corea del Nord o con Trump, neoeletto Presidente degli Stati Uniti, ci porta a scoprire un lato più intimo, e per questo ancora più sconcertante, dei due leader mondiali.

La durezza del regime coreano viene fuori, se pur con punte davvero comiche, in tutta la sua sfolgorante tragicità: comandanti di nave o direttori di laboratori che, subendo la innata genialità di Allan, sono costretti a togliersi la vita pur di non subire le punizioni del Supremo.

Il protagonista, il vecchio Allan che sembra vivere una nuova adolescenza, si ritrova ad accompagnare Trump a giocare una partita di golf a Manhattan. Il carattere egocentrico ma soprattutto l’incompetenza del magnate americano, travestito da Presidente USA, vengono disegnate con pennellate cariche di una comicità che spinge il lettore a un sorriso amaro, consapevole di come la realtà venga fuori da quei dialoghi intimi, da quelle esternazioni frutto di un delirio di onnipotenza.

Jonas Jonasson
Jonas Jonasson

Ognuno di noi vorrebbe essere Allan, capace di mettere in ridicolo, con gesti semplici e sinceri, i grandi potenti della terra, tutti avviluppati nella spirale vorticosa del potere e della voglia di prevaricare ogni potenziale concorrente.

Allan, figlio del Novecento, si ritrova a scoprire il mondo della tecnologia nel momento in cui utilizza un tablet, dono del direttore dell’albergo di Bali, preoccupato per il debito dei due clienti che inizia a salire vertiginosamente. Ad Allan si apre un mondo del tutto nuovo. La sua curiosità, la sua bramosia nel voler leggere ogni notizia proveniente anche dagli angoli più remoti della terra, stride con il pessimismo del suo amico Julius il quale, giovane settantenne, risulta più calato nella sua dimensione anagrafica.

Dietro tutto, come uno scenario che ben conosciamo, vi è la voglia di dominio.

Il leader coreano, grazie all’appoggio di Putin, attende una centrifuga per poter incrementare la produzione nucleare. Intanto, si deve accontentare di quattro chili di uranio che viaggiano all’interno di una valigetta. Allan, attraverso uno snodo degli eventi che non si vuole anticipare, riuscirà a dominare il Supremo, Trump e la Cancelliera Merkel, preoccupata per le prossime elezioni che, per la prima volta, vedono vacillare il suo granitico potere.

Anche il Kenya ed il continente africano saranno attraversati dai due vecchi arzilli, in compagnia di Sabine, una giovane sessantenne impegnata nel settore degli alimentari e delle pompe funebri.

Tra attentati terroristici, fughe con un furgone e una bara ed altre avventure, non potrete che affezionarvi a questo trio strampalato.

Il mondo si salva, l’uranio finisce nelle mani rassicuranti della Merkel, contenta di aver vinto nuovamente le elezioni se pur con l’affermarsi della destra tedesca.

Il mondo, quello che viviamo e che stiamo vivendo, sta subendo la violenza dell’iperconnettività che, come un dio divoratore, sta annientando ogni forma di comunicazione reale, ogni tentativo di rimanere agganciati alle vecchie forme di dialogo. Tutto vive e respira nel mondo. Allan riesce ad allontanarsi dal dispositivo diabolico, capisce che quello non è il suo mondo e, all’improvviso, si riscopre nostalgico di quel passato che lo ha visto protagonista.

L’autore del romanzo pone il leader russo Putin sullo sfondo, con un ruolo apparentemente marginale nello scacchiere politico mondiale. In realtà, lo statista russo risulta il vero macchinatore degli stravolgimenti politico-sociali che attraversano il mondo occidentale. Anche se con una punta di esagerazione legate a logiche narrative, Putin è riuscito, grazie al suo amico fraterno Aksakov, ad influenzare gli esiti elettorali in America attraverso un esercito digitale. Sappiamo che tale scenario, che risulta affascinante per i complottisti, potrebbe essere molto aderente alla realtà.

Ne Il centenario che voleva salvare il mondo, oltre al marciume che si annida nelle sacche putrescenti del potere, emerge un timore che pone una seria riflessione: la vita degli uomini e i sistemi democratici risultano vulnerabili e potenziali vittime di un gioco che spinge al massacro, al dominio incontrastato di poche persone.

L’Italia non ha bisogno dell’intervento russo. L’Italia è già sulla buona strada, ossia rivolta verso la creazione di un blocco sovranista che spinge ad allontanare l’Europa per approdare nell’orbita dell’Est. Questo è ciò che fa intendere l’autore del libro. Una mera divagazione narrativa o un’amara e reale prospettiva?

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