Il detenuto zero, di Yiannis Karvelis
Avete mai provato a leggere un romanzo “matematico”? Immagino qualcuno pensare alla risposta e ritrovarsi in uno stato conflittuale, dibattuto tra la curiosità e il timore. La matematica ha questo effetto su molti. Del resto, il modo in cui viene trattata a scuola spesso non aiuta, creando un semiuniforme sentimento di diffidenza nei confronti della materia.
Quando ho iniziato la lettura de Il detenuto zero, il romanzo scritto da Yiannis Karvelis e uscito in Italia con traduzione di Giuseppina Dilillo per Voland, non mi sono posta il problema. Ciò che mi aveva colpito in quarta di copertina era il rimando all’etica, in questo caso legata al tema della detenzione in luoghi di massima sicurezza.
La vicenda si sviluppa attorno alle figure di tre ragazzi, brillanti ingegneri informatici, che si ritrovano alle prese con il delicato compito di sviluppare il sistema di controllo e sicurezza di un nuovo carcere superprotetto e che, per ironia della sorte, o pura avventatezza, finiscono per diventarne i primi ospiti.
Almeno fino all’evasione. Una fuga, la loro, che fa naturalmente scattare la caccia all’uomo e che rende anche impellente la necessità di trovare un complice o, mal che vada, un capro espiatorio.
Prende così il via il processo agli unici due possibili sospettati, così come la parte forse più travolgente e appassionante del romanzo che ha proprio a che fare con la matematica. Non pensate a numeri e calcoli ostici, ma a semplice logica che, come un enigma ben posto, intriga e spinge ad appassionarsi sempre più al dipanarsi degli eventi.
Yiannis Karvelis fa scivolare la penna e le parole in un unico gesto su carta, trascina il lettore con un linguaggio semplice e fluido attraverso una meravigliosa quanto inconsueta avventura nel ragionamento, nella quale non fa mancare colpi di scena e risvolti inattesi.
Il detenuto zero è un romanzo da leggere con gusto e armati di tanta curiosità.