Il freddo fascino della fama: Monte Carlo, di P. Terrin
Per quanto possa apparire strano, il tempo scorre, anni su anni e secoli su secoli. Tuttavia l’uomo, come entità spirituale e fallace, resta sempre lo stesso. Imprescindibile, imprevedibile, debole e forte allo stesso tempo, ricco di pregi ma sommerso dai difetti. L’uomo ha in sé, perciò, tare ereditarie che si scontrano, di volta in volta, col tempo e la realtà in cui esso vive.
Peter Terrin, abile e quotato scrittore olandese che prima di divenire tale faceva il rappresentante di marmi, riesce con la sua ultima opera, Monte Carlo (Iperborea), a dipingere gli aspetti dell’uomo del XXI secolo: le sue paure, le sue ambizioni, le sue sconfitte.
Lo sguardo di Terrin è lucido, la sua penna sintetica e precisa, i suoi quadri e le sue descrizioni inequivocabili. Monte Carlo fa parte di un quadro di opere più complesso e completo, pur essendo essenzialmente un libro a parte.
La vicenda narrata inizia a Monte Carlo, nel 1968, alla partenza di un gran premio di Formula 1 cui assiste il Principe di Monaco. Oltre ai regnanti, è la presenza della sensazionale diva del cinema Deedee ad attirare la stampa di tutto il mondo. Una nuvola di vapori di benzina prende fuoco e la star viene investita dalle fiamme; a trarla in salvo (e riportando bruttissime ustioni alla schiena) è Jack Preston, meccanico della Lotus.
Dopo essere stato ricoverato ed essere infine tornato in patria (ad Aldstead, nella campagna inglese) per essere accudito dalla moglie Maureen, Jack trascorre le giornate in attesa di una citazione, di un segno di riconoscimento da parte della diva. Questo tarda però ad arrivare perché si scopre, nel frattempo, che il merito del suo salvataggio è stato attribuito alla guardia del corpo dell’attrice.
Preston si sente progressivamente tradito nell’ego, soprattutto per quella brama di notorietà che si impossessa di lui e lo spinge a inseguire a tutti i costi la visibilità. La moglie e il paese intero, in un primo momento, gli accordano tale privilegio: i concittadini lo ammirano e lo assecondano in quella che diventerà una mania sempre più accesa. Tuttavia, colei che per lui conta di più – Deedee – non si fa viva, sfocando sempre più in una possibile illusione. Per giunta, licenziato dalla Lotus e quindi senza lavoro, Jack finisce per ignorare la passione che nel frattempo si è riaccesa in Maureen per correre dietro agli impossibili sogni di gloria.
La sua esistenza ha subìto, uno dopo l’altro, irreparabili danni che ne hanno minato la cognizione e il senso del reale. Il passo verso la paranoia è breve; la vicenda assume sviluppi che divengono incontrollabili, cambiando per sempre le esistenze dei protagonisti.
Il confine tra la verità e l’immaginazione è sottile, si insinua tra i capitoli e si diverte a confondere e a tirare il lettore per il bavero. C’è tanto Kafka in Terrin, un Kafka sottile che si esplica in situazioni al limite del limite, nelle quali la ragione vorrebbe tutto l’opposto di quanto accade in realtà.
Il mondo esterno è nemico dei personaggi, come splendidamente sottolinea Arjen Fortuin nella postfazione al romanzo:
Nei libri di Terrin il mondo esterno è freddo, duro, indifferente e incomprensibile.
e ancora…
La peculiarità dei romanzi di Terrin sta nei protagonisti, che spesso descrive come ingenui, ma sempre con affetto. Peter Terrin scrive come un misantropo che non riesce a detestare l’umanità.
Terrin è bravo a sperimentare, pur restando ancorato ai dettami del classico; perciò, la sua voce va ascoltata e meritevolmente applaudita. Leggere Monte Carlo può essere, quindi, un ottimo esercizio per la mente e la coscienza.