Il Re Bianco, di Gyorgy Dragoman
Il Re Bianco è il libro che ha fatto conoscere in Italia il giovane scrittore rumeno-ungherese György Dragomán.
Si tratta di un romanzo di formazione. Ricorda Oliver Twist, Le avventure di Huckleberry Finn, o I ragazzi della via Pál, in chiave slava però.
Narra le avventure di Dzsata, un ragazzino di undici anni il cui padre è stato costretto ai lavori forzati sul canale del Danubio perché considerato oppositore del regime comunista. Nei primi tempi il piccolo e la madre ricevono qualche cartolina, ma col trascorrere dei giorni le notizie del padre diminuiscono fino a interrompersi del tutto.
Il ragazzo vive avventure crude e violente, riflesso di metodi e contraddizioni del regime totalitario. Il Paese sembra ormai privo di qualsiasi legge morale, dominato dalla meschinità, dalla crudeltà, e da una violenza politica e privata. L’allenatore di calcio costringe i ragazzi a giocare nonostante la nube radioattiva di Černobyl, il nonno gli regala una vecchia pistola e lo esorta a esercitarsi sui gatti del giardino. Piccoli episodi che sembrano diventare specchio della società romena di quegli anni. E, di contrasto, emergono l’ingenuità, la semplicità e la dolcezza di un bambino che si trova ad essere protagonista di una storia che non comprende.
«L’idea di utilizzare come protagonista e narratore un bambino – spiega lo scrittore – mi è venuta all’improvviso. Quattro anni fa vidi alla televisione una persona che tutti credevano fosse morta: Helmut Duckadam, un noto portiere romeno che nel 1986 parò quattro rigori alla finale della Coppa Uefa e poi scomparve. Circolavano voci sul fatto che il dittatore Nicolae Ceausescu gli avesse spezzato un braccio perché invidioso del suo successo. Poi, improvvisamente, come se niente fosse, comparve in televisione, ma non volle rivelare cosa gli era capitato! Raccontò invece un fatto che mi colpì molto: dopo l’esplosione di Černobyl ai portieri fu raccomandato di toccare il meno possibile il pallone perché questo rotolava sull’erba radioattiva. Un portiere che non può toccare la palla mi sembrò una cosa talmente assurda da poter essere raccontata, seriamente, solo da un bambino».