Il ritorno che non volevo, il nuovo romanzo di Fabrizio Ulivieri
C’è qualcosa che si insinua nella vita di tutti i giorni. Non è solo l’appressarsi della morte. Non è solo le ombre della mente. Non è solo la mancanza di senso della realtà. Questo mondo ci mette in attesa di un qualcosa a venire. Che sia una catastrofe o un cambio radicale non importa. L’importante è che accada e che finalmente ci liberi da questa assurda mancanza di senso, ormai globale.
Così il protagonista vive la sua vita ed i suoi amori, in attesa di un evento che si approssima e che invia i suoi segnali dall’alto, dalle profondità dello spazio.
La storia inizia come una normale storia. Il protagonista si trova solo in un appartamento dove per anni ha convissuto con la donna che amava e che alla fine lo ha lasciato. Si sente tradito, sfiduciato, è solo ed in difficoltà economiche per i debiti che ha contratto per rendere migliore la vita alla sua compagna, esigente e volubile come la maggior parte delle donne.
A causa della situazione economica si trova costretto, all’età di 50 anni, a ritornare a vivere con i genitori. Il ritorno non era quello previsto e la convivenza non sarà facile. Conosce Valery, un’attrice americana, che ama il sesso e la marijuana ma non sarà la donna che lui cerca. Ormai tutto è privo di significato per lui. Non c’ è più senso in tutta la sua vita. Soprattutto non c’è più Amore e passione, le uniche forze che fino ad allora lo avevano guidato. Il mondo in cui vive ora è pura mancanza di senso.
Ripensa alla donna che solo dopo che è partita ha capito di amare: Ayako, una ragazza giapponese di 24 anni. Ora capisce che lei è stato il grande amore. E pensa sempre più a lei.
La morte di Valery con cui ha avuto solo sesso, la scomparsa di Yukiko un’altra ragazza giapponese di cui aveva tentato di innamorarsi solo perché assomigliava perfettamente ad Ayako, la morte dei genitori: ogni accadimento è come un tassello che, una volta tolto, ha svelato sempre più l’incomprensibilità del mondo e della vita.
Eppure ci sono dei segnali. Vengono da lontano ma arrivano, sono tangibili. Oramai non c’è più dubbio che qualcosa si è silenziosamente insinuato, ed è incontrollabile. Cho può essere stato a favorire questa forza che inarrestabile si manifesta lentamente ma inesorabilmente come un mondo parallelo?
Un’invidia? L’invidia forse di un sistema (quello comunista) che era destinato a morire perché fin dalla sua nascita aveva capito che era destinato alla sconfitta ad opera dell’altro sistema (quello capitalista)?
Un’infezione? L’infezione che si portano dietro gli strati sociali più bassi? O le ragioni del cielo che dallo spazio profondo si riversano in questo mondo?
Che sia una catastrofe o un cambio radicale non importa. Ciò che conta è l’attesa di una salvezza che venga dall’alto e ci liberi per sempre da una vita abitudinaria e insondabile che ci opprime e ci rende schiavi ed infelici. E finalmente arriverà dall’alto, scendendo silenziosamente dal cielo.
L’autore. Originario di Montelupo Fiorentino, classe 1956, Fabrizio Ulivieri è direttore del Dipartimento di italiano presso l’Istituto europeo di Firenze. Ha scritto diverse pubblicazioni inerenti alla linguistica in Studi di grammatica italiana (Accademia della Crusca) e nella rivista tedesca Zeitschrift für italienische Sprache und Literatur.
Ha collaborato attivamente con www.ilciclismo.it fino a quando il direttore, suo mentore, non ha lasciato la redazione della rivista online. Ha già pubblicato “L’eterno ritorno“, ed. Akkuaria, “Albert Richter, un’aquila tra le svastiche. Il ciclismo tedesco tra nazismo ed esoterismo (1919 – 1939)”, edito da Bradipolibri, e “Il culo e la riduzione fenomenologica”, edizioni Montag.
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