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Il vento non lo puoi fermare, di Elvira Serra

Il vento non lo puoi fermare
Il vento non lo puoi fermare

Scrivi di quello che sai è una frase ricorrente in chi scrive, una frase che torna sempre, volente o nolente. Elvira Serra sa. Sa descrivere la sua terra come sa descrivere gli stati d’animo, e sa descrivere gli stati d’animo come chi sa leggere ogni stato d’animo.

Questo suo nuovo romanzo, Il vento non lo puoi fermare (Rizzoli editore), è un libro che non si legge soltanto: si sente, si ascolta. E succede qualcosa di diverso e di impensato, perché non ti chiedi – come accade sempre quando leggi un libro-, “chissà come finirà”; ti chiedi solo se staranno bene. Ti succede quello che succede quando è un amico a raccontarsi, ad aprirti il suo cuore e ha bisogno di essere accolto. Non ti chiedi chissà cosa ne sarà poi, ma lo abbracci e speri che passi, che stia un pochino meglio.

Con la musica in sottofondo, la musica che accompagna Elias e Violetta, legati e slegati, tra le pagine, con loro, ci accompagniamo tra scelte e decisioni. La musica, quella musica salva. Elias è bello di una bellezza pura e buona, ha una vita piena di prospettive, ricca di possibilità e progetti, di quelle vite che un genitore si ferma a guardare in un angolo ringraziando Dio per tutta la semplice meraviglia che quel figlio dai capelli dorati sul collo e gli occhi belli ha intorno e dentro. Poi quella vita che regala, che culla, che accompagna, di colpo muta, scava buche in cui cadi, non muori ma è come se morto lo fossi lo stesso. Un incidente, una vita che spezzi, una donna che muore lasciando la sua bimba di cinque anni e un marito distrutto, un assassino innocente.

“Assassino”. È così che ti senti. Una parola come una spada che trafigge. Assassino. Una lama che taglia la vita che non vuoi più meritarti, perché ogni secondo lo vivi pensando a ciò che hai spezzato, ineluttabilità irreparabile. Assassino.

“Assolto”. Seppure fossi assolto, resterebbe quella frase da filosofi: “Nessuno può esser assolto dal tribunale della propria coscienza”. E la colpa ti ricade addosso. E quel domani che avevi rimandato sentendo che ti mancava il coraggio di dirle “mi piaci tanto”, non ti regala più la possibilità. O forse sei tu a negarti la possibilità. Non ti assolvi, ti neghi, ti punisci, ti richiudi, ti rinchiudi. La tua vita resta ferma e sospesa. Fermi il passo, chiudi i libri, chiudi con la musica, con il coro, la scuola e gli amici. E ti trascini. Scivolerai in fondo per poi cercare la luce, per poi decidere di andare incontro al destino. E al vento, ancora vento.

Il vento non lo puoi fermare è il secondo romanzo della bella e intensa penna di Elvira Serra, giornalista del Corriere della Sera, scrittrice (il primo romanzo, L’altra, dove l’intensità era autobiografia) nuorese, conoscitrice delle sfumature e delle ferite che ci si porta addosso. C’è la sua terra tra queste pagine; c’è il coro che ha conosciuto bene durante l’università; c’è Grazia Deledda, impronta, evocazione, stessa terra, madre terra.

Senti ogni moto d’animo, senti il dolore di ognuno, senti la frustrazione e il fallimento, senti il buio il silenzio la colpa il perdono. E senti anche la voglia, il bisogno di risorgere da quella cenere che hai usato per cospargerti il corpo e nasconderti a te stesso. Elias dovrà andare per avere bisogno di ritornare, per trovare il coraggio mancante per accorgersi nuovamente che la vita può essere crudele e gentile, e ferire nel riflesso del dolore dell’altro, ancora più forte del dolore che potresti provare su di te. Violetta resiste ai colpi, del distacco e del destino, come un’eroina del bel canto che evoca il suo nome. Realtà, viva realtà da affrontare, realtà a cui essere preparati.

Una causa dipende dall’altra, una lunga catena di eventi

determina le vicende private e pubbliche: si deve sopportare

tutto coraggiosamente perché tutte le cose non, come

crediamo, avvengono, ma vengono.

Un passo del De Providentia di Seneca, preparato da Elias per l’esame di latino, è una carezza e una certezza, riassunto di un nuovo cammino da intraprendere e forse una nuova consapevolezza.

Un romanzo intenso dove il vento lo senti, il mare lo vedi e ti schizza, il sole ti brucia la faccia. Puoi cambiare se vuoi, può cambiarti l’amore e solo se vuoi, ma il vento no, non lo puoi fermare, devi solo socchiudere gli occhi e lasciarti andare, lasciare che ti scivoli addosso, che ti carezzi la pelle e ti riporti il suono di una musica, che ti riporti in vita, nel perdono, nell’amore, ritrovarsi perdendosi, ricucendosi piano piano e riabbracciandosi.

Stefania Castella

Mi chiamo Stefania e sono nata a Napoli da padre con occhi trasparenti e madre con lunghissimi capelli biondi e gonnellone hippy. Non so perché ve lo dico, solo perché tutti scriviamo dove nasciamo e nessuno da chi. Sono grafica pubblicitaria e soprattutto mamma a tempo pieno e indeterminato. Scrivo da quando ho imparato, leggo da sempre e ascolto da molto di più. Mi piace leggere e raccontare storie, dare voce. Scrivere è la mia esigenza, la mia necessità. Mi piace raccontare ciò che ho letto cercando di trasmettere l'emozione che ho provato, lasciandovi entrare nel viaggio che ogni scrittore regala. Se questo si chiama recensire, allora recensisco. Cosa fa su MeLoLeggo? Quello che amo fare: immergermi in una storia di carta, con rispetto e onestà, affiancandomi con voi alle pagine e percorrendo lo stesso bellissimo sogno. Ogni scrittore partorisce le sue creature con amore e fatica, quello che possiamo fare è raccogliere la sua storia. Se una storia non piace non si può stroncarla, solo evitare di raccoglierla, no?

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